Urbanistica. Gazebo e incremento del carico urbanistico

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Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 4438, del 4 settembre 2013

I gazebo non propriamente precari, ma funzionali a soddisfare esigenze permanenti vanno considerati come manufatti alteranti lo stato dei luoghi, con un sicuro incremento del carico urbanistico. Nella specie, pertanto, a nulla rilevano l’eventuale precarietà strutturale del manufatto, la rimoviibilità della struttura e l’assenza di opere murarie, posto che la realizzazione del gazebo di cui trattasi non è deputata ad un suo uso per fini contingenti, essendo, il manufatto incontrovertibilmente destinato ad un utilizzo per soddisfare esigenze durature nel tempo e rafforzate dal carattere permanente e non stagionale dell’attività svolta, tanto che la stessa Amministrazione comunale, non a caso ed in modo plausibile, seguita a definirla, nel provvedimento di diniego, come “chiosco” e non già come gazebo. 

 

N. 04438/2013REG.PROV.COLL.

N. 04534/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4534 del 2005, proposto da:
Giordano Luigi, rappresentato e difeso dall’Avv. Alessandra Maria Cursi e dall’Avv. Alfredo Caggiula, con domicilio eletto in Roma presso la Liberal S.r.l., corso del Rinascimento, 11;

contro

Comune di San Pietro Vernotico (Br), in persona del Sindaco pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avv. Guido Massari, con domicilio eletto in Roma presso lo studio dell’Avv. Paolo Vittorio Lelli, Piazza Apollodoro, 26;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la Puglia, Lecce, Sez. III, n. 2776 dd. 6 maggio 2004, resa tra le parti e concernente diniego di rilascio di titolo edilizio in sanatoria.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 febbraio 2013 il Cons. Fulvio Rocco e uditi, per l’appellante Luigi Giordano, l’Avv. Amina L’Abbate, su delega dell’Avv. Alessandra Maria Cursi, e, per l’appellato Comune di San Pietro in Vernotico, l’Avv. Angelo Vantaggiato, su delega dell’Avv. Guido Massari;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.1.L’attuale appellante, Sig. Luigi Giordano, esercita il commercio per la vendita al dettaglio di frutta e verdura, e ha ottenuto dal Comune di San Pietro Vernotico (Br) il rilascio dell’autorizzazione commerciale n. 98002 dd. 7 aprile 1998 avente ad oggetto tale attività con concessione per il suo svolgimento di mq. 6 ubicati in Largo Osanna.

Il Giordano ha quindi chiesto e ottenuto il rilascio da parte della medesima Amministrazione comunale della concessione edilizia n. 84/2000 avente ad oggetto la realizzazione di un chiosco, strumentale per lo svolgimento della propria attività commerciale, composto di 4 pareti chiuse in lamiera ed estese per complessivi mq. 10.

Il medesimo Giordano precisa, quindi, di aver realizzato in luogo di tale chiosco un gazebo costituito da 4 pali in metallo e da un telone di copertura esteso per mq. 25, e di aver quindi chiesto in data 14 luglio 2003 il rilascio al riguardo di una concessione edilizia in sanatoria, a’ sensi e per gli effetti dell’art. 13 della L. 28 febbraio 1985 n. 47.

Nonostante i pareri favorevoli rispettivamente espressi in proposito dal Dirigente dell’Ufficio Urbanistico del Comune (secondo il quale “dal lato urbanistico” non sussisterebbe “difformità”) e dal competente Dirigente Medico dell’Azienda Sanitaria BR/1, per quanto attiene al profilo igienico sanitario, con provvedimento prot. 1461/17300 dd. 10 settembre 2003 del Direttore Generale- Dirigente Area tecnica Urbanistica e dell’Istruttore tecnico del Comune di San Pietro Vernotico la domanda medesima è stata respinta, posto che “la S.V. non risulta concessionaria di un posteggio di superficie pari a 25 mq., così quanto misura la superficie del chiosco che si intende sanare”, e posto che “il chiosco ostruisce l’utilizzo di uno scivolo per portatori di handicap già esistente”.

1.2. Il Giordano ha quindi proposto, sub R.G. 2247 del 2003, ricorso innanzi al T.A.R. per la Puglia, sede di Lecce, chiedendo l’annullamento di tale provvedimento di diniego, nonché di ogni altro atto ad esso presupposto e conseguente e, in particolare, del parere dd. 11 settembre 2003 reso al riguardo dal Direttore Generale-Dirigente Servizio attività Produttive e del Responsabile dell’istruttoria del Comune di San Pietro Vernotico, del parere prot. 1781 dd. 28 agosto 2003 reso al riguardo dal Comandante della Polizia Municipale e, ove occorra ed in parte qua, del Piano per il commercio su aree pubbliche e del Regolamento comunale per la disciplina del commercio su aree pubbliche, approvato con deliberazione del Commissario Straordinario del Comune di San Pietro Vernotico n.59 dd. 23 dicembre 2002.

In tale primo grado di giudizio il Giordano ha dedotto i seguenti ordini di censure:

1)perplessità dell’azione amministrativa, violazione del giusto procedimento, nonché eccesso di potere per erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto;

2) violazione del D.P.R. 24 luglio 1996 n. 503 e del D.M. 14 giugno 1989 n. 236, punti 4.2.2., 8.2.1 e 8.2.2; perplessità dell’azione amministrativa sotto altro profilo, carenza di istruttoria e di motivazione;

3) eccesso di potere sotto ulteriore profilo per omessa valutazione dei presupposti di fatto e di diritto; contraddittorietà dell’azione amministrativa.

1.3. In tale primo grado di giudizio si è costituito il Comune di San Pietro Vernotico, concludendo per la reiezione del ricorso.

1.4. Con ordinanza n. 1119 dd. 14 dicembre 2003 la Sez. I dell’adito T.A.R. ha respinto la domanda di sospensione cautelare degli atti impugnati,“considerato che il diniego espresso con l’impugnato provvedimento non appare irragionevole anche in considerazione delle planimetrie allegate, le quali evidenziano un palese restringimento della superficie disponibile per la circolazione e la sosta dei veicoli delle persone disabili, non residuando adeguati allargamenti del percorso necessari per consentire agevolmente, l’accesso, l’inversione di marcia od altre manovre; considerato che, peraltro, la richiesta concessione prevede un notevole ampliamento ed allargamento della superficie da mq 10 a mq 25”.

1.5. Con sentenza n. 2776 dd. 6 maggio 2004 la Sez. III dell’adito T.A.R. ha respinto il ricorso, compensando integralmente tra le parti le spese di tale primo grado di giudizio.

2.1. Con l’appello in epigrafe il Giordano chiede ora la riforma di tale sentenza.

L’appellante ripropone in buona sostanza i medesimi argomenti da lui già illustrati nel giudizio di primo grado, ossia:

1) che la richiesta di concessione edilizia in sanatoria da lui presentata all’Amministrazione Comunale implicitamente conteneva anche la richiesta di rilascio della concessione di suolo pubblico per la maggiore estensione (da mq. 10 a mq. 25) occupata dal manufatto da lui realizzato, posto che l’Amministrazione comunale, allorquando aveva in precedenza rilasciato la concessione edilizia per la realizzazione del chiosco, avrebbe implicitamente già rilasciato l’assenso ad occupare una porzione maggiore di suolo pubblico (mq. 10 in luogo dei mq. 6); e che la medesima Amministrazione comunale non avrebbe individuato con il proprio provvedimento di diniego specifici motivi che osterebbero alla maggiore occupazione di spazio pubblico mediante il gazebo in questione;

2) che il gazebo di cui trattasi, contrariamente a quanto affermato nel provvedimento impugnato, risulterebbe realizzato nella piena osservanza della disciplina di tutela dei portatori di handicap;

3) che, comunque, l’Amministrazione comunale non avrebbe materialmente verificato tale osservanza.

2.2. Anche nel presente grado di giudizio si è costituito il Comune di San Pietro Vernotico, concludendo per la reiezione dell’appello.

3. Alla pubblica udienza del 26 febnbraio 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione.

4.1. Tutto ciò premesso, l’appello in epigrafe va respinto.

4.2.1. Per quanto attiene al primo ordine di censure dedotte in primo grado dal Giordano e puntualmente da lui riproposto con il primo ordine dei motivi d’appello, si legge nella sentenza impugnata quanto segue: “Con il primo motivo di ricorso si afferma che la circostanza che il ricorrente non disponga di una concessione di uso del suolo proporzionata alla grandezza del chiosco realizzato ed oggetto di concessione edilizia in sanatoria, non sarebbe ostativa al rilascio di quest’ultima poiché, la stessa, ove rilasciata, avrebbe implicato il riconoscimento della concessione d’uso sul suolo medesimo. La censura è infondata …. . Risulta dai documenti esibiti, difatti che l’Amministrazione Comunale … (ha) effettuato, in sede di esame della richiesta di concessione in sanatoria, la verifica dei presupposti necessari per il rilascio dell’assenso richiesto e, quindi, anche la verifica del titolo autorizzativo presupposto al rilascio della concessione riguardante l’utilizzo dell’area pubblica. L’assenza del suindicato presupposto, oltre che la impossibilità del suo rilascio, ha legittimato il diniego opposto. Peraltro, giova ricordare che la concessione edilizia viene rilasciata o negata dall’Amministrazione Comunale sulla scorta della prospettazione fornita dal richiedente. Nella fattispecie il ricorrente dichiarava, nella richiesta di concessione in sanatoria, di avere titolo ad ottenere la concessione, in quanto proprietario dell’autorizzazione amministrativa alla vendita per il posteggio in largo Osanna, dimenticando, invece, che l’autorizzazione richiamata riguardava una superficie di gran lunga inferiore a quella richiesta ( mq 6 a fronte dei necessari mq. 35) (recte: mq. 25). L’assoluta sproporzionalità fra l’autorizzazione esistente e quella necessaria per il rilascio dell’assenso edilizio avrebbe richiesto che il ricorrente prospettasse, al momento della richiesta edilizia, le condizioni necessarie al superamento di tale ostacolo. In ogni caso , l’Amministrazione Comunale nel negare l’assenso richiesto anche per la successiva motivazione riguardante la circostanza che le dimensioni della struttura non avrebbero consentito l’accesso ai disabili, ha valutato , con esito negativo, la presupposta e connessa possibilità di rilasciare l’autorizzazione per l’utilizzo del suolo pubblico” (cfr. pagg. 3 e 4 della sentenza impugnata).

4.2.2. Per contro, secondo la prospettazione del Giordano – il quale, preliminarmente, afferma pure che la struttura da lui realizzata, costituita da 4 pali metallici infissi al suolo e da un telone gommato, neppure risulterebbe assoggettata al rilascio di concessione edilizia – laddove l’Amministrazione comunale avesse inteso rilevare la mancanza della concessione di suolo pubblico in termini ostativi al rilascio del titolo edilizio in sanatoria, egli si sarebbe allora premurato di presentare un’ulteriore e apposita istanza in tal senso, superando in tal modo ogni ostacolo alla sanatoria edilizia.

Detto altrimenti, sempre secondo il Giordano, l’Amministrazione comunale avrebbe dovuto, quindi (cfr. al riguardo la pag. 7 dell’atto introduttivo del presente grado di giudizio):

a) rilasciargli comunque il titolo edilizio in sanatoria, consentendogli pertanto in via implicita l’occupazione del suolo pubblico nell’indicata misura di mq. 25;

b) in alternativa, renderlo edotto della necessità di acquisire preliminarmente la disponibilità di ulteriore suolo pubblico, consentendogli di presentare la relativa istanza per poi provvedere al rilascio sia della concessione del suolo di cui trattasi, sia della concessione edilizia in sanatoria;

c) in ulteriore alternativa e nell’eventualità in cui avesse ravvisato impedimenti al rilascio della concessione di suolo pubblico per la maggiore superficie necessaria all’installazione del nuovo manufatto, motivare puntualmente le ragioni di tale diniego.

4.2.3. Il Collegio, per parte propria, rileva innanzitutto che – come ben emerge, del resto, nell’esposizione dei fatti di causa contenuta nel 1.1. della presente sentenza – il diniego di rilascio di concessione edilizia in sanatoria impugnata in primo grado dal Giordano si fonda testualmente su due assunti motivazionali, ossia che il medesimo Giordano “non risulta concessionario

di un posteggio di superficie pari a 25 mq., così quanto misura la superficie del chiosco che si intende sanare” e che “il chiosco ostruisce l’utilizzo di uno scivolo per portatori di handicap già esistente”.

Tale circostanza rende immediatamente infondata la prospettazione del Giordano descritta al § 4.2.2. della presente sentenza sub c), posto che l’Amministrazione comunale ha comunque esternato, anche al di là della pur assorbente notazione dell’incapienza dell’area concessa per l’esercizio del commercio rispetto all’estensione del manufatto ivi realizzato, il dato materiale dell’ostruzione dello scivolo per portatori di handicap quale motivo ostativo per la permanenza del manufatto medesimo.

Entrambi gli assunti comunali risultano fondati.

Mentre per il secondo si rinvia a quanto contenuto nel § 4.3.2. della presente sentenza, per quanto segnatamente attiene al primo, va preliminarmente evidenziata la ben evidente contraddittorietà dell’atteggiamento del Giordano, il quale ha dapprima chiesto il rilascio di un titolo edilizio in sanatoria, salvo poi smentire se stesso, deducendo, a fronte del diniego a lui opposto al riguardo, che il manufatto in questione potrebbe essere realizzato anche senza tale titolo.

Il Collegio, per parte propria, non può comunque non rimarcare che – in linea di principio – i gazebo

non propriamente precari, ma funzionali a soddisfare esigenze permanenti vanno considerati come manufatti alteranti lo stato dei luoghi, con un sicuro incremento del carico urbanistico (cfr. sul punto, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, 12 dicembre 2012 n. 6382).

Nella specie, pertanto, a nulla rilevano l’eventuale precarietà strutturale del manufatto, la rimoviibilità della struttura e l’assenza di opere murarie, posto che la realizzazione del gazebo di cui trattasi non è deputata ad un suo uso per fini contingenti, essendo – per l’appunto – il manufatto di cui trattasi incontrovertibilmente destinato ad un utilizzo per soddisfare esigenze durature nel tempo e rafforzate dal carattere permanente e non stagionale dell’attività svolta (cfr. al riguardo anche Cons. Stato, Sez. IV, 30 luglio 2012 n. 4318), tanto che la stessa Amministrazione comunale, non a caso ed in modo plausibile, seguita a definirla, nel provvedimento di diniego, come “chiosco” e non già come gazebo.

Ma – soprattutto – non può concettualmente ammettersi che la sopravvenuta esigenza del Giordano di sanare l’abuso edilizio da lui realizzato comporti un obbligo per il Comune di concedere un incremento dello spazio pubblico a suo tempo a lui concesso in modo da rendere congruente la dimensione del manufatto abusivo con la superficie da esso occupata.

E’ ben noto, infatti, che per l’esecuzione di opere su suolo di proprietà pubblica non è sufficiente il provvedimento di concessione per l’occupazione del suolo medesimo, ma inderogabilmente necessità l’ulteriore, del tutto autonomo e di per sé non dovuto titolo edilizio, il quale opera nell’ordinamento su di un piano diverso e risponde, quindi, a ben diversi presupposti rispetto sia al provvedimento che accorda l’utilizzo a fini privati di una determinata porzione di terreno di proprietà pubblica, sia ad altri provvedimenti autorizzativi eventualmente necessari (cfr. sul punto, ad es., Cons. Stato, Sez. VI, 27 febbraio 2012 n. 1106).

Deve pertanto concludersi nel senso che il procedimento relativo al rilascio di concessione di suolo pubblico per l’esercizio su di esso di attività commerciale attiene ad una peculiare sfera di valutazione del pubblico interesse, primo tra tutti quella del contemperamento della necessità della libera fruizione del suolo pubblico rispetto a quello privato dell’esercizio dell’attività commerciale in una determinata area, implicante – per forza di cose – anche quella della parità di trattamento tra tutti i potenziali interessati all’assegnazione o all’incremento di una porzione di suolo pubblico al fine di svolgere l’attività in questione.

Conseguentemente, è destituita di fondamento la tesi del Giordano secondo la quale la propria istanza di rilascio del titolo edilizio in sanatoria avrebbe dovuto riguardarsi anche quale implicita istanza all’ampliamento della porzione di suolo pubblico a lui concessa, non assumendo al riguardo rilievo né il ben evidente precedente errore della stessa Amministrazione comunale, che ebbe invero ad assentire – a suo tempo – la realizzazione da parte del medesimo Giordano di un chiosco occupante un’area di 10 mq. a fronte dei 6 mq. di suolo a lui concesso, senza peraltro che ciò costituisse implicito ampliamento di tale superficie, né la risalente e del tutto isolata decisione di Cons. Stato, Sez. V, 20 agosto 1986 n. 931, attinente alla differente ipotesi di sanatoria avente ad oggetto un chiosco metallico per la vendita di giornali e riviste su suolo pubblico risalente da lunghissimo tempo e in ordine al quale questo giudice d’appello aveva comunque evidenziato la concomitante sussistenza di pregressi e significativi comportamenti da parte della pubblica amministrazione circa l’avvenuta instaurazione in via di fatto di una concessione di suolo pubblico.

4.3.1. Il giudice di primo grado ha ritenuto del pari infondata la censura innanzi a lui dedotta, secondo la quale il diniego di rilascio della concessione in sanatoria risulterebbe illegittimo per difetto di istruttoria e di motivazione laddove si afferma che il chiosco avrebbe ostruito l’utilizzo di uno scivolo per portatori di handicap.

A tale riguardo nella sentenza impugnata si legge che “come già rilevato in sede cautelare, le planimetrie allegate al progetto evidenziano un palese restringimento della superficie disponibile per la circolazione e la sosta dei veicoli delle persone disabili, non residuando adeguati allagamenti del percorso necessari per consentire agevolmente, l’accesso, l’inversione di marcia od altre manovre. Del resto, giova ricordare che la fattispecie non riguarda il diniego di concessione edilizia in sanatoria su terreno di proprietà dell’istante ma, al contrario, l’opera … riguarda terreno di proprietà pubblica, con la conseguenza che legittimamente, nel negare l’istanza, l’Amministrazione Comunale ha operato valutazioni attinenti l’interesse pubblico nell’utilizzo della zona dato che , in tal caso, l’interesse del richiedente la concessione risulta configgente con gli interessi di tutti gli altri utenti usufruitori della zona stessa. In particolare, l’assenso richiesto risulta confliggente con la disciplina edilizia riguardante la eliminazione delle barriere architettoniche prevista dal D.P.R. 503 del 1996, oltre che con le prescrizioni tecniche di cui al D.M. 236 del 1989, contenente le prescrizioni necessarie per garantire l’accessibilità, l’adottabilità e la visibilità degli edifici privati e di edilizia pubblica sovvenzionata e agevolata, al fine della eliminazione e superamento delle medesime barriere architettoniche. Invero, l’art. 4.2.1. del D.M. 236 del 1989 prevede che negli spazi esterni e sino agli accessi degli edifici deve essere previsto almeno un percorso preferibilmente in piano con caratteristiche tali da consentire la mobilità delle persone con ridotte o impedite capacità motorie, e che assicuri loro la utilizzabilità diretta delle attrezzature dei parcheggi e dei servizi posti all’esterno, ove previsti. I percorsi devono presentare un andamento quanto più possibile semplice e regolare in relazione alle principali direttrici di accesso ed essere privi di strozzature, arredi, ostacoli di qualsiasi natura che riducano la larghezza utile di passaggio o che possano causare infortuni. La loro larghezza deve essere tale da garantire la mobilità nonché, in punti non eccessivamente distanti tra loro, anche l’inversione di marcia da parte di una persona su sedia a ruote. In considerazione delle suddette considerazioni risulta legittimo il diniego opposto il quale ha espressamente enunciato le difformità riscontrate. Peraltro, giova ricordare che il diniego di concessione edilizia che riguardi fabbricati insistenti su suolo pubblico risulta sufficientemente motivato allorché risultino esternati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione, oltre che le ragioni connesse al pubblico interesse preclusive della fruibilità collettiva” (cfr. pag. 4 e ss. della sentenza impugnata).

A fronte di ciò il Giordano afferma che la struttura da lui realizzata rispetterebbe – per contro – i parametri tecnici imposti dalla disciplina complessivamente contenuta nel D.P.R. 503 del 1996 e nel D.P.R. 236 del 1989, comportando addirittura il rispetto di distanze e di spazi di manovra superiori a quanto ivi previsto, posto che nella specie sussisterebbero:

1) per le rotazioni di 360° uno spazio di manovra pari a m. 1,40 x 1,40;

2) per le rotazioni di 180° uno spazio di manovra pari a m. 1,30 x 1,30;

3) per le rotazioni di 90° uno spazio di manovra pari a m. 1,20 x 1,20;

4) per le rotazioni di 350° con cambio di direzione uno spazio pari a m. 1,50 x 1,50

5) per la rotazione di 180° con cambio di direzione uno spazio pari a m. 1,70 x 1,40;

6) per la rotazione di 90° uno spazio di m. 1,10 x 1,70;

7) per l’inversione di direzione con manovra uno spazio di m. 1,90 x 1,70.

Il Giordano censura pure la circostanza per cui il giudice di primo grado non avrebbe riscontrato la sussistenza delle condizioni testé riferite mediante verificazione, ovvero consulenza tecnica.

4.3.2. Il Collegio, per parte propria, evidenzia innanzitutto che, essendo stato nella specie impugnato un provvedimento con duplice motivazione, va ribadito anche in questo caso il ben noto e del tutto consolidato assunto giurisprudenziale secondo cui, in presenza di un provvedimento sorretto da una pluralità di motivi , la validità di una sola delle argomentazioni autonomamente addotte è sufficiente a sorreggere l’assunta determinazione (così,ex plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, 19 febbraio 2013 n. 1027): dimodoché la circostanza per cui nell’impugnato diniego si sia già legittimamente fatto riferimento all’impossibilità di assentire la realizzazione di una struttura edilizia con superficie eccedente rispetto alla porzione di suolo pubblico concesso per l’esercizio dell’attività commerciale del richiedente risulterebbe ex se esaustiva per la reiezione del ricorso proposto in primo grado dal Giordano.

Nondimeno, dall’esame del fascicolo di primo grado consta non solo che l’Amministrazione comunale, prima dell’adozione del provvedimento di diniego, ha provveduto a misurazioni dalle quali è emersa l’impossibilità di mantenere la struttura realizzata dal Giordano proprio in dipendenza della sua prossimità allo scivolo in questione, ma anche che dall’esame della stessa planimetria allegata alla domanda di rilascio del titolo edilizio in sanatoria ben emergeva che il supporto in metallo che regge la copertura del gazebo dista da un lato dello scivolo m. 1,90 e dall’altro lato dello stesso m. 1,40, che la planimetria medesima non riporta tutte le distanze e che queste ultime, comunque, risultano con riguardo alla scala dell’elaborato ben inferiori alla distanza di m. 1,90: più precisamente, m. 1,30 dal lato della fioriera in pietra e 0,70 metri dal lato opposto.

Da ciò consegue, quindi, la materiale inesistenza nella specie di spazi di manovra non soltanto per l’inversione di marcia e la rotazione, ma anche per il passaggio dall’altro lato del marciapiede e l’accesso alla parte posteriore del gazebo, frontistante ad alcuni edifici privati.

Le rilevazioni fotografiche prodotte al riguardo dal Comune danno contezza della circostanza che il gazebo risulta realizzato in un ben ristretto spazio tra un muro con accesso a edifici privati e tra le panchine in pietra della pubblica piazza, ostacolando di fatto il libero passaggio nello spazio circostante.

Questo stato di cose, immediatamente percepibile, ha pertanto reso ragionevolmente superfluo nel primo grado di giudizio il ricorso a verificazioni o a consulenze tecniche

4.4. Per quanto attiene all’ultimo ordine di censure dedotto dall’appellante, va evidenziato che questi in primo grado aveva pure impugnato il Piano per il commercio su aree pubbliche, approvato con provvedimento commissariale n. 59 dd. 23 dicembre 2002, limitatamente alla parte in cui, modificando la localizzazione dei posteggi fuori mercato individuata dal precedente regolamento comunale, si prevede al largo Osanna l’istituzione di un posteggio da riservare al commercio al dettaglio di frutta secca in luogo di un posteggio per tutti i prodotti compresi nella tabella VI.

Il Giordano afferma che tale previsione segnatamente riguarderebbe il proprio posteggio e, in dipendenza di ciò ha pertanto chiesto il suo annullamento.

Il giudice di primo grado ha reputato la relativa impugnazione inammissibile per difetto di interesse alla sua proposizione, in quanto il diniego impugnato in principalità dal Giordano medesimo riguarda il mancato rilascio di una concessione edilizia in sanatoria a’ sensi dell’art 13 della L. 47 del 1985 e non già il diniego o la revoca di un’autorizzazione commerciale per la vendita dei prodotti compresi nella tabella VI

Il diniego medesimo è inoltre contraddistinto da motivazioni esclusivamente incentrate sulle dimensioni del manufatto, indipendentemente dal tipo di attività commerciale esercitata (vendita frutta secca o prodotti ortofrutticoli in genere): tant’è che il parere istruttorio rilasciato dal Settore attività produttive dello stesso Comune riconosce al Giordano la titolarità di autorizzazione al commercio su aree pubbliche per la vendita di cui alla tabella VI a lui rilasciata in data 7 aprile 1998 n. 98002: autorizzazione che non risulta revocata.

Il Giordano ha pedissequamente riproposto le proprie censure sul punto anche nel presente grado di giudizio, ma il Collegio non può che condividere al riguardo i rilievi del T.A.R., stante la non attualità della lesione subita, in dipendenza della durata decennale dell’autorizzazione commerciale n. 98002 dd. 7 aprile 1998 rilasciata al Giordano medesimo e alla conseguente irrilevanza sulla stessa sia della nuova previsione regolamentare del 2002, sia del provvedimento di diniego di rilascio della concessione edilizia in sanatoria.

5. Le spese e gli onorari del presente grado di giudizio seguono la regola della soccombenza, e sono liquidati nel dispositivo.

Va – altresì – dichiarato irripetibile il contributo unificato di cui all’art. 9 e ss. del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 e successive modifiche corrisposto per il presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante Luigi Giordano al pagamento delle spese e degli onorari per il presente grado di giudizio, complessivamente liquidati nella misura di € 3.000,00.-(tremila/00) oltre ad I.V.A. e C.P.A.

Dichiara – altresì – irripetibile il contributo unificato di cui all’art. 9 e ss. del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 e successive modifiche corrisposto per il presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 febbraio 2013 con l’intervento dei magistrati:

Paolo Numerico, Presidente

Andrea Migliozzi, Consigliere

Fulvio Rocco, Consigliere, Estensore

Umberto Realfonzo, Consigliere

Oberdan Forlenza, Consigliere

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE

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