Stalking, avvocato sempre gratis per la vittima!
La vittima di stalking ha diritto ad essere ammessa al Gratuito Patrocinio a spese dello Stato anche se non rientra nei limiti di reddito previsti dalla legge.
Ogni soggetto, con un reddito imponibile Irpef non superiore a 11.528,41 euro, può chiedere ed ottenere di essere ammesso al gratuito patrocinio nell’ambito di un procedimento penale (anche civile), ma questo limite non vale per la vittima di stalking.
La Cassazione, infatti, in tema di stalking, recentemente ha chiarito:
“…in riferimento alla dizione letterale della norma laddove si enuncia che la vittima “può” e non “deve” essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal presente decreto…il termine “può” debba essere inteso come dovere del giudice di accogliere l’istanza “se” presentata dalla “persona offesa” da “uno dei reati di cui alla norma” e all’esito della positiva verifica dell’esistenza di un “procedimento iscritto relativo ad uno dei menzionati reati”…” (Cass. sent. n. 13497/17 del 20.03.2017).
In seguito, la sentenza per esteso.
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 15 febbraio – 20 marzo 2017, n. 13497
Presidente Bianchi – Relatore Tanga
Ritenuto in fatto
1. In data 17 marzo 2016, M.E. presentava, al GUP del Tribunale di Bolzano, istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, specificando ed indicando nella domanda di essere persona offesa per i reati p. e p. dagli artt. 572, 582 e 612-bis c.p. nel procedimento penale n. 7936/2015 R.G.N.R. pendente dinanzi al Tribunale di Bolzano contro C.S. .
1.1. Con decreto del 25/05/2016, il Giudice adito “rilevato che difettano le necessarie indicazioni concernenti il reddito proprio e dell’eventuale nucleo familiare”, rigettava l’istanza di ammissione al gratuito patrocinio in quanto “inammissibile ai sensi dell’art. 79 lett. c) TU spese di Giustizia”.
1.2. Con ricorso ex art. 99 D.P.R. n. 115/2002 depositato in data 27/06/2016, M.E. proponeva opposizione avverso il predetto provvedimento di rigetto, chiedendone l’annullamento.
1.3. Con l’ordinanza n. 4310/2016 del 14/09/2016, il Tribunale rigettava l’opposizione presentata da M.E. ritenendo che la domanda di ammissione mancasse del requisito previsto a pena di inammissibilità dall’art. 79, lett. c), cit. (dichiarazione sostitutiva di certificazione dei redditi prodotti dall’istante prevista dall’art. 46, comma 1, lettera o), DPR n. 445/2000), dichiarazione quest’ultima che, secondo giudicante, deve essere in ogni caso fornita dall’istante anche nell’ipotesi prevista dall’art. 76, comma 4-ter, DPR n. 115/2002, atteso che detta norma “nella formulazione attuale non prevede una ammissione ex lege al patrocinio della persona offesa dai reati di cui agli art. 572, 582 e 612-bis c.p., indipendentemente dal reddito dell’istante, ovvero che il giudice deve sempre ammettere la persona offesa al beneficio indipendentemente dal reddito”, bensì prevede che il “giudice può ammettere al patrocinio a spese dello stato la persona offesa dai reati di cui agli artt. 572, 583-bis, 609-bis, 609-quater, 609-octies e 612-bis…” e che, pertanto, “nell’esercizio di tale potere il giudice non potrà prescindere dalla valutazione degli elementi di fatto, in particolare dal del reddito della persona offesa”.
2. Avverso tale ordinanza reiettiva, propone ricorso per cassazione M.E. , a mezzo del proprio difensore, lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all’art.173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.):
I) Violazione ai sensi degli artt. 99, comma 4, DPR 115/2002 e 360, n. 3), c.p.c. – Violazione e falsa applicazione degli artt. 76 e 79 DPR 115/02: sulla erronea e non corretta applicazione della norma di cui dall’art. 79, lett. c), cit. in ordine alle conseguenze derivanti dalla mancata allegazione della dichiarazione sostitutiva di certificazione in ordine ai redditi prodotti dall’istante alla domanda di ammissione al beneficio. Deduce che il Tribunale di Bolzano quale giudice dell’opposizione, anziché dichiarare l’inammissibilità della domanda avrebbe dovuto acquisire la documentazione reddituale dalla quale desumere la sussistenza delle condizioni di reddito dell’istante ai fini dell’ammissione al beneficio richiesto unitamente agli atti della prima fase, ovvero, in ragione dei poteri integrativi riconosciutigli dalla legge, richiederne la produzione alla parte istante così come dettato dalla sentenza Sez. 4, n. 10730/2016 del 14 marzo 2016;
II) Violazione ai sensi degli artt. 99, comma 4, DPR n. 115/2002 e 360, n. 3), c.p.c. – Violazione e falsa applicazione degli artt. 76 e 79 del DPR 115/02: sulla erronea applicazione dell’ipotesi derogatoria prevista dal comma 4-ter dell’art. 76. DPR. N. 115/2002. Deduce che l’art. 76 citato, nel determinare le condizioni di ammissione al beneficio in questione e con particolare riferimento al reddito complessivo valutabile, al comma 4-ter ha, tuttavia, introdotto una espressa deroga ai limiti di reddito previsti dal citato decreto quando, come nel caso di specie, l’istante sia parte lesa per uno dei reati di cui agli articoli 572, 583-bis, 609-bis, 609-quater, 609-octies e 612-bis c.p.. Afferma che il giudice dell’opposizione si è limitato ad una lettura meramente formale del combinato disposto di cui agli artt. 76 e 79, lett. c), del D.P.R. n. 115 del 2002, senza tenere conto che è la stessa ratio della citata deroga normativa a rendere di fatto inoperante la condizione prevista dalla lett. c) dell’art. 79. Sostiene che la ratio della previsione introdotta dal citato comma 4-ter dell’art. 76 identifichi un’ipotesi derogatoria tout court, che abbandona il criterio obbiettivo/reddituale per spostare l’attenzione alla soggettività della vittima di determinati reati, giudicati dal legislatore meritevoli di accedere al beneficio in parola.
Considerato in diritto
3. Il ricorso è fondato nei limiti e termini di cui appresso.
4. Mette conto evidenziare che l’art. 76, comma 4-ter, T.U.S.G., dispone: “La persona offesa dai reati di cui agli articoli 572, 583-bis, 609-bis, 609-quater, 609-octies e 612-bis, nonchè, ove commessi in danno di minori, dai reati di cui agli articoli 600, 600-bis, 600-ter, 600-quinquies, 601, 602, 609-quínquies e 609-undecies del codice penale, può essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal presente decreto“.
5. Non appare ultroneo considerare che il comma 4-ter è stato aggiunto dall’art. 4, comma 1, D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 aprile 2009, n. 38, e sostituito dall’art. 9, comma 1, L. 1° ottobre 2012, n. 172, e modificato dall’art. 2, comma 3, D.L. 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 ottobre 2013, n. 119.
5.1. Orbene, la finalità della L. n. 38/2009 (e delle successive modificazioni), non può che essere quella di rimuovere ogni possibile ostacolo (anche economico) che possa disincentivare un soggetto, già in condizioni di disagio, ad agire in giudizio. Occorre rilevare che la legge in parola non fa cenno al danneggiato dal reato, che intenda costituirsi parte civile nel processo penale e che può non coincidere con la vittima del reato, ma solo alla persona offesa.
5.2. Ne deriva una prima considerazione: la persona danneggiata dal reato potrà ricorrere al patrocinio solo nel caso in cui il suo reddito non superi i limiti fissati dall’art. 76 comma 1, D.P.R. n. 115/2002, in linea con la previsione normativa generale.
5.3. Residua, quindi, un problema di natura interpretativa in riferimento alla dizione letterale della norma laddove si enuncia che la vittima “può” e non “deve” essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal presente decreto. In altri termini sembrerebbe che il giudice abbia una mera facoltà e non un dovere di accogliere la domanda di fruizione del beneficio.
5.4. Ritiene il Collegio che il termine “può” debba essere inteso come dovere del giudice di accogliere l’istanza “se” presentata dalla “persona offesa” da “uno dei reati di cui alla norma” e all’esito della positiva verifica dell’esistenza di un “procedimento iscritto relativo ad uno dei menzionati reati”.
5.5. Tale interpretazione si impone in prospettiva teleologica posto che la finalità della norma in questione appare essere quella di assicurare alle vittime di quei reati un accesso alla giustizia favorito dalla gratuità dell’assistenza legale.
5.6. Da tali premesse discende che l’istanza di ammissione al patrocino a spese dello Stato proposta dalla persona offesa da uno dei reati elencati dalla norma necessita solo dei requisiti di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell’art. 79 T.U.S.G..
5.7. In vero, in mancanza di una espressa disposizione legislativa, il giudice non potrebbe negare l’ammissione al beneficio solo sulla base della mancata allegazione della dichiarazione sostitutiva di certificazione, da parte dell’interessato, attestante la sussistenza delle condizioni di reddito previste dall’art. 76 cit., dato che la norma in parola (il ridetto comma 4-ter) non individua massimi reddituali idonei ad escludere il diritto in argomento; sicché la produzione di tale attestato s’appalesa del tutto superflua e, perciò, la sua mancanza è inidonea a fondare una pronuncia di rigetto.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Bolzano.
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