Reddito di cittadinanza e sanzioni penali, pena fino a 6 anni e revoca retroattiva
Avv. Marco Trasacco | La normativa che ha introdotto il reddito di cittadinanza (decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4) prevede specifiche sanzioni penali per chi, al fine di ottenere indebitamente il predetto beneficio, rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute (e non solo!).
Con il decreto legge, 28 gennaio 2019, n. 4, è stato introdotto nel nostro ordinamento il reddito di cittadinanza.
In estrema sintesi, come noto, si tratta di un assegno di circa 780 euro da erogare a chi si trova sotto la soglia di povertà relativa per sostenerne i consumi ed incentivarlo a rientrare nel mondo del lavoro con presumibili ed auspicabili incrementi dei livelli occupazionali.
I beneficiari, però, dovranno rispettare alcune determinate regole; chi lo percepisce, infatti, dovrà seguire un percorso formativo vincolante accettando almeno una delle prime tre proposte di lavoro offerte dal centro per l’impiego e, poi, chi vuole ottenere il reddito di cittadinanza dovrà svolgere progetti di utilità sociale organizzati dal Comune di residenza per un massimo di 8 ore settimanali e dimostrare di impiegare alcune ore al giorno alla ricerca di un lavoro.
Ma quali sono le sanzioni penali che rischiano coloro i quali accedano al predetto beneficio senza i requisiti di legge o continuino a percepirlo ove tali requisiti vengano meno?
Le sanzioni penali
L’art. 7 del d.l. n. 4/2019 prevede innanzitutto, al primo comma, che “…Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, chiunque, al fine di ottenere indebitamente il beneficio di cui all’articolo 3, rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute, e’ punito con la reclusione da due a sei anni…”
Dalla lettura della suindicata norma, si evince che chiunque agisca allo scopo di conseguire il beneficio economico di cui all’art. 3 del d.l. n. 4 del 2019 (reddito di cittadinanza), è sanzionato con la pena da 2 a 6 anni di reclusione ove ponga in essere una di queste condotte illecite:
a) rendere o utilizzare dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere;
b) omettere di fornire informazioni dovute.
Sembra evidente che, per la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, viene richiesto il dolo specifico in quanto è necessario che il presunto beneficiario agisca al fine di ottenere indebitamente il beneficio previsto per il reddito di cittadinanza e quindi nella piena consapevolezza di non avere i requisiti di legge per poterne usufruire.
Sotto il profilo oggettivo, la condotta pare essere a forma vincolata rilevando unicamente, tra le azioni commissive, il rilasciare dichiarazioni false o in cui vengono dette cose non veritiere, il produrre documenti volti a tale scopo ovvero l’utilizzare siffatte dichiarazioni o documenti (presumibilmente) rilasciati da terzi e impiegati per questi scopi illeciti mentre, tra quelle omissive, il non menzionare delle informazioni che, invece, colui che è vuole conseguire il reddito di cittadinanza, è tenuto a dire.
Ma non è tutto!
Detto articolo prevede un ulteriore illecito penale di natura omissivo – posto in essere entro determinati limiti temporali – stabilendo che “…L’omessa comunicazione delle variazioni del reddito o del patrimonio, anche se provenienti da attivita’ irregolari, nonche’ di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio entro i termini di cui all’articolo 3, commi 8, ultimo periodo, 9 e 11, e’ punita con la reclusione da uno a tre anni…”.
Reclusione da 1 a 3 anni per chi viola la mancata osservanza di taluni degli obblighi previsti da questo decreto legge e, segnatamente: 1) non comunicare le variazioni reddituali patrimoniali, anche se derivanti dal lavoro c.d. in nero; 2) non fornire tutte quelle altre informazioni tenute ad essere comunicate o comunque rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio economico concesso con il conseguimento del reddito di cittadinanza.
Inoltre, l’art. 7 prevede, oltre alle pene detentive già indicate, ulteriori conseguenze sempre sotto un profilo penale per gli autori di questo reato che vengano condannati in via definitiva e, cioè, l‘immediata revoca del beneficio con efficacia retroattiva e la restituzione di quanto indebitamente percepito.
3. Alla condanna in via definitiva per i reati di cui ai commi 1 e 2 e per quello previsto dall’articolo 640-bis del codice penale, nonche’ alla sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti per gli stessi reati, consegue di diritto l’immediata revoca del beneficio con efficacia retroattiva e il beneficiario e’ tenuto alla restituzione di quanto indebitamente percepito. La revoca e’ disposta dall’INPS ai sensi del comma 10. Il beneficio non puo’ essere nuovamente richiesto prima che siano decorsi dieci anni dalla condanna.
4. Fermo quanto previsto dal comma 3, quando l’amministrazione erogante accerta la non corrispondenza al vero delle dichiarazioni e delle informazioni poste a fondamento dell’istanza ovvero l’omessa successiva comunicazione di qualsiasi intervenuta variazione del reddito, del patrimonio e della composizione del nucleo familiare dell’istante, la stessa amministrazione dispone l’immediata revoca del beneficio con efficacia retroattiva. A seguito della revoca, il beneficiario e’ tenuto alla restituzione di quanto indebitamente percepito.
In conclusione, si comprende agevolmente che la commissione di questi illeciti penali non solo comporta la revoca del beneficio economico concesso per effetto del riconoscimento del reddito di cittadinanza, ma anche la perdita dei benefici già indebitamente conseguiti e la loro restituzione.
La norma, poi, prevede ulteriori ipotesi di decadenza del beneficio per l’analisi delle quali si riporta il testo integrale dell’art. 7 già citato.
Art. 7
Sanzioni
1. Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, chiunque, al fine di ottenere indebitamente il beneficio di cui all’articolo 3, rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute, e’ punito con la reclusione da due a sei anni.
2. L’omessa comunicazione delle variazioni del reddito o del patrimonio, anche se provenienti da attivita’ irregolari, nonche’ di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio entro i termini di cui all’articolo 3, commi 8, ultimo periodo, 9 e 11, e’ punita con la reclusione da uno a tre anni.
3. Alla condanna in via definitiva per i reati di cui ai commi 1 e 2 e per quello previsto dall’articolo 640-bis del codice penale, nonche’ alla sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti per gli stessi reati, consegue di diritto l’immediata revoca del beneficio con efficacia retroattiva e il beneficiario e’ tenuto alla restituzione di quanto indebitamente percepito. La revoca e’ disposta dall’INPS ai sensi del comma 10. Il beneficio non puo’ essere nuovamente richiesto prima che siano decorsi dieci anni dalla condanna.
4. Fermo quanto previsto dal comma 3, quando l’amministrazione erogante accerta la non corrispondenza al vero delle dichiarazioni e delle informazioni poste a fondamento dell’istanza ovvero l’omessa successiva comunicazione di qualsiasi intervenuta variazione del reddito, del patrimonio e della composizione del nucleo familiare dell’istante, la stessa amministrazione dispone l’immediata revoca del beneficio con efficacia retroattiva. A seguito della revoca, il beneficiario e’ tenuto alla restituzione di quanto indebitamente percepito.
5. E’ disposta la decadenza dal Rdc, altresi’, quando uno dei componenti il nucleo familiare: a) non effettua la dichiarazione di immediata disponibilita’ al lavoro, di cui all’articolo 4, commi 4 e 6, ad eccezione dei casi di esclusione ed esonero; b) non sottoscrive il Patto per il lavoro ovvero il Patto per l’inclusione sociale, di cui all’articolo 4, commi 7 e 12, ad eccezione dei casi di esclusione ed esonero; c) non partecipa, in assenza di giustificato motivo, alle iniziative di carattere formativo o di riqualificazione o ad altra iniziativa di politica attiva o di attivazione, di cui all’articolo 20, comma 3, lettera b), del decreto legislativo n. 150 del 2015 e all’articolo 9, comma 3, lettera e), del presente decreto; d) non aderisce ai progetti di cui all’articolo 4, comma 15, nel caso in cui il comune di residenza li abbia istituiti; e) non accetta almeno una di tre offerte congrue ai sensi dell’articolo 4, comma 8, lettera b), numero 5), ovvero, in caso di rinnovo ai sensi dell’articolo 3, comma 6, non accetta la prima offerta congrua utile; f) non effettua le comunicazioni di cui all’articolo 3, comma 9, ovvero effettua comunicazioni mendaci producendo un beneficio economico del Rdc maggiore; g) non presenta una DSU aggiornata in caso di variazione del nucleo familiare ai sensi dell’articolo 3, comma 12; h) venga trovato, nel corso delle attivita’ ispettive svolte dalle competenti autorita’, intento a svolgere attivita’ di lavoro dipendente in assenza delle comunicazioni obbligatorie di cui all’articolo 9-bis del decreto-legge 1 ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, ovvero attivita’ di lavoro autonomo o di impresa, in assenza delle comunicazioni di cui all’articolo 3, comma 9.
6. La decadenza dal beneficio e’ inoltre disposta nel caso in cui il nucleo familiare abbia percepito il beneficio economico del Rdc in misura maggiore rispetto a quanto gli sarebbe spettato, per effetto di dichiarazione mendace in sede di DSU o di altra dichiarazione nell’ambito della procedura di richiesta del beneficio, ovvero per effetto dell’omessa presentazione delle prescritte comunicazioni, ivi comprese le comunicazioni di cui all’articolo 3, comma 10, fermo restando il recupero di quanto versato in eccesso.
7. In caso di mancata presentazione, in assenza di giustificato motivo, alle convocazioni di cui all’articolo 4, commi 5 e 11, da parte anche di un solo componente il nucleo familiare, si applicano le seguenti sanzioni: a) la decurtazione di una mensilita’ del beneficio economico in caso di prima mancata presentazione; b) la decurtazione di due mensilita’ alla seconda mancata presentazione; c) la decadenza dalla prestazione, in caso di ulteriore mancata presentazione.
8. Nel caso di mancata partecipazione, in assenza di giustificato motivo, alle iniziative di orientamento di cui all’articolo 20, comma 3, lettera a), del decreto legislativo n. 150 del 2015, da parte anche di un solo componente il nucleo familiare, si applicano le seguenti sanzioni: a) la decurtazione di due mensilita’, in caso di prima mancata presentazione; b) la decadenza dalla prestazione in caso di ulteriore mancata presentazione.
9. In caso di mancato rispetto degli impegni previsti nel Patto per l’inclusione sociale relativi alla frequenza dei corsi di istruzione o di formazione da parte di un componente minorenne ovvero impegni di prevenzione e cura volti alla tutela della salute, individuati da professionisti sanitari, si applicano le seguenti sanzioni: a) la decurtazione di due mensilita’ dopo un primo richiamo formale al rispetto degli impegni; b) la decurtazione di tre mensilita’ al secondo richiamo formale; c) la decurtazione di sei mensilita’ al terzo richiamo formale; d) la decadenza dal beneficio in caso di ulteriore richiamo.
10. L’irrogazione delle sanzioni diverse da quelle penali e il recupero dell’indebito, di cui al presente articolo, e’ effettuato dall’INPS. Gli indebiti recuperati nelle modalita’ di cui all’articolo 38, comma 3, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, al netto delle spese di recupero, sono riversate dall’INPS all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo per il Reddito di Cittadinanza. L’INPS dispone altresi’, ove prevista la decadenza dal beneficio, la disattivazione della Carta Rdc.
11. In tutti i casi diversi da quelli di cui al comma 3, il Rdc puo’ essere richiesto dal richiedente ovvero da altro componente il nucleo familiare solo decorsi diciotto mesi dalla data del provvedimento di revoca o di decadenza, ovvero, nel caso facciano parte del nucleo familiare componenti minorenni o con disabilita’, come definita a fini ISEE, decorsi sei mesi dalla medesima data.
12. I centri per l’impiego e i comuni comunicano alle piattaforme di cui all’articolo 6, al fine della messa a disposizione dell’INPS, le informazioni sui fatti suscettibili di dar luogo alle sanzioni di cui al presente articolo, ivi compresi i casi di cui all’articolo 9, comma 3, lettera e), entro e non oltre cinque giorni lavorativi dal verificarsi dell’evento da sanzionare. L’INPS, per il tramite delle piattaforme di cui all’articolo 6, mette a disposizione dei centri per l’impiego e dei comuni gli eventuali conseguenti provvedimenti di decadenza dal beneficio.
13. La mancata comunicazione dei fatti suscettibili di dar luogo alle sanzioni di decurtazione o decadenza della prestazione determina responsabilita’ disciplinare e contabile del soggetto responsabile, ai sensi dell’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20.
14. Nei casi di dichiarazioni mendaci e di conseguente accertato illegittimo godimento del Rdc, i centri per l’impiego, i comuni, l’INPS, l’Agenzia delle entrate, l’Ispettorato nazionale del lavoro (INL), preposti ai controlli e alle verifiche, trasmettono, entro dieci giorni dall’accertamento, all’autorita’ giudiziaria la documentazione completa del fascicolo oggetto della verifica.
15. I comuni sono responsabili delle verifiche e dei controlli anagrafici, attraverso l’incrocio delle informazioni dichiarate ai fini ISEE con quelle disponibili presso gli uffici anagrafici e quelle raccolte dai servizi sociali e ogni altra informazione utile per individuare omissioni nelle dichiarazioni o dichiarazioni mendaci al fine del riconoscimento del Rdc.
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