Mantenimento per il figlio minore, la disoccupazione non è una giustificazione
Avv. Marco Trasacco | Lo stato di disoccupazione non rende meno grave la condotta del genitore che non provvede a versare quanto stabilito dal Giudice Civile per il mantenimento del figlio minore per cui lo stesso, per ciò solo, non evita la condanna per “violazione degli obblighi di assistenza familiare” (Corte di Cassazione, sentenza n. 54647 / 2018).
Disoccupazione. Nel caso di specie, si trattava del caso di un padre che non aveva versato «il contributo mensile stabilito dal giudice civile a favore del figlio minore». Per il Tribunale e la Corte d’Appello il genitore si è «sottratto agli obblighi di assistenza nei confronti del figlio minore, facendogli così mancare i mezzi di sussistenza».
Ricorre per Cassazione la difesa sostenendo che i Giudici di merito avrebbero ignorato «le produzioni difensive» riguardanti «l’impossibilità dell’uomo ad adempiere alle obbligazioni civili nei confronti del figlio» (in secondo grado, «è stata liquidata la documentazione prodotta in ordine allo stato di disoccupazione del genitore, richiedendo alla difesa una probatio diabolica in ordine alla sua incapacità economica», e paradossalmente è stato addebitato all’imputato di «non avere adito il giudice civile per la modifica delle condizioni di mantenimento», ignorando i Giudici che «tale opzione non sempre è attivabile»).
Secondo la Cassazione «le allegazioni difensive non hanno dimostrato che l’incapacità economica dell’uomo, intesa come impossibilità di far fronte agli adempimenti sanzionati dall’articolo 570 del Codice Penale rivestisse i caratteri di assoluta, persistente, oggettiva ed incolpevole indisponibilità di introiti».
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 25 ottobre – 6 dicembre 2018, n. 54647
Presidente Mogini – Relatore Giordano
Ritenuto in fatto
1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Roma riformava parzialmente (quanto alla provvisionale che diminuiva) la sentenza del Tribunale di Roma, che aveva condannato Em. La. per il reato di cui all’art. 570, primo e secondo comma, cod. pen., per essersi sottratto agli obblighi di assistenza nei confronti del figlio minore, omettendo di versare il contributo mensile stabilito a favore di quest’ultimo dal giudice civile e facendogli così mancare i mezzi di sussistenza. In primo grado il giudice aveva riconosciuto all’imputato il beneficio della sospensione condizionale della pena, subordinato al pagamento della provvisionale in favore della parte civile.
2. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, disp. att. cod. proc. pen..
2.1. Carenza di motivazione in relazione alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena e alla condanna del ricorrente al pagamento della provvisionale.
La Corte di appello avrebbe ritenuto legittima la concessione del beneficio sospensivo condizionato al pagamento della provvisionale in favore della parte civile, limitandosi ad aderire de plano ad un’isolata pronuncia giurisprudenziale, a fronte di un più consistente orientamento di segno contrario.
Con tale decisione, l’imputato, ancor prima del passaggio in giudicato della sentenza di condanna, si troverebbe a dover effettuare il pagamento della provvisionale, rendendo irreversibile la relativa statuizione civile e anticipando “la messa alla prova” dell’imputato in una fase in cui la condanna non è ancora definitiva.
Secondo un orientamento di legittimità, deve ritenersi illegittima la decisione di subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno o al pagamento della provvisionale, senza procedere, con apprezzamento motivato, alla valutazione delle condizioni economiche dell’imputato e della sua concreta possibilità di adempiere (in tal senso, anche Corte cost. n. 49 del 1975).
Laddove sia statuita l’esecuzione ante iudicium della sentenza di condanna, la Corte di cassazione potrebbe porre rimedio all’illegittimità facendo decorrere le relative statuizioni dal passaggio in giudicato della sentenza.
2.2. Carenza di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità del ricorrente.
La motivazione della sentenza impugnata sarebbe carente anche in ordine a tale punto, in quanto non avrebbe tenuto conto delle argomentazioni e delle produzioni difensive in ordine all’impossibilità del ricorrente ad adempiere alle obbligazioni civili nei confronti del figlio, valorizzando soltanto le dichiarazioni della persona offesa e la documentazione dalla stessa prodotta.
La Corte di appello avrebbe liquidato la documentazione prodotta in ordine allo stato di disoccupazione, richiedendo alla difesa una probatio diabolica in ordine alla sua incapacità economica; avrebbe addebitato al ricorrente di non aver adito il giudice civile per la modifica delle condizioni del mantenimento, non tenendo conto che tale opzione non sempre è attivabile.
2.3. Vizio di motivazione e violazione dell’art. 192, comma 2, cod. proc. pen.
Le considerazioni svolte dimostrerebbero l’illogicità della motivazione, in quanto gli elementi indiziari a carico del ricorrente risulterebbero troppo labili e poco tranquillizzanti, in palese violazione con l’art. 192, comma 2, cod. proc. pen., tali da poter pervenire ad una alternativa ricostruzione degli dei fatti in linea con la linea difensiva.
Considerato in diritto
1. Il ricorso, con le precisazioni di seguito svolte, deve essere rigettato.
2. Rileva il Collegio che, in primo grado, all’imputato è stato riconosciuto il beneficio della sospensione condizionale della pena, beneficio subordinato al pagamento della somma determinata a titolo di provvisionale, giusta il disposto dell’art. 165, comma 1, cod. pen..
La Corte di appello, accogliendo in parte le deduzioni difensive, ha diminuito l’importo della somma liquidata a titolo di provvisionale ed ha confermato nel resto la sentenza impugnata ma, in sede di esame dei motivi di gravame, in risposta alle deduzioni difensive che concernevano la illegittimità della decisione di primo grado nella parte in cui subordinavano il beneficio ad un evento, il pagamento della provvisionale, antecedente al passaggio in giudicato della sentenza, ha richiamato un precedente di questa Corte secondo il quale, il giudice può legittimamente subordinare il beneficio al versamento della somma entro un termine anteriore al passaggio in giudicato della sentenza, in quanto la condanna, nella parte concernente la provvisionale, è immediatamente esecutiva per legge (Sez. 3, n. 22259 del 28/04/2016, M., Rv. 267351), disattendendo pronunce in senso contrario alle quali, viceversa, faceva riferimento il ricorrente.
3. Val bene una premessa.
Come anticipato è la legge, il disposto dell’art. 165 cod. pen. che consente di subordinare la concessione del beneficio, che non può che operare con la decorrenza del termine al formarsi del giudicato, al pagamento di una provvisionale che, per legge, è immediatamente esecutiva.
E, proprio la immediata esecutività delle statuizioni relative alla condanna alla provvisionale, è stata posta a fondamento di un orientamento di questa Corte nel senso di ritenere legittima la previsione di un termine anche anteriore al passaggio in giudicato della sentenza (cfr. ex multis Sez. 3, n. 22259 del 28/04/2016 – dep. 27/05/2016, M, Rv. 267351). Tale orientamento è contrastato da quello, divenuto maggioritario, secondo cui, in tal guisa, veniva a determinarsi una esecuzione ante iudicatum dei capi penali della pronuncia, tra i quali sono comprese le statuizioni sulla sospensione condizionale della pena. Subordinare la concessione della sospensione condizionale ad una condotta che l’imputato dovrebbe adottare prima del giudicato equivarrebbe, inequivocabilmente, a rendere irreversibile un capo penale della sentenza su un punto della decisione relativo all’attuazione di una sanzione ancora sub judice (quale è ogni statuizione in materia di sospensione della pena), quindi prescindendo dalla sua definitività (ex multisSez. 5, n. 36154 del 23/05/2018, Guarino, Rv. 273600; Sez. 6, n. 11998 del 16/01/2018, Rudoni, Rv. 272759).
Pertanto, ferma restando l’efficacia civile della provvisionale direttamente discendente dalla legge, l’ultimo comma dell’art. 165 cod. pen. va inteso nel senso che il termine ivi previsto per l’adempimento dell’obbligo imposto dal giudice ha sempre quale dies a quo la data del passaggio in giudicato della condanna, anche in considerazione del fatto che la sospensione dell’esecuzione della pena presuppone necessariamente che tale pena sia divenuta definitiva.
Da qui le decisioni, adottate da questa Corte, di annullamento senza rinvio limitatamente alla subordinazione della sospensione condizionale della pena al pagamento della concessa provvisionale prima della irrevocabilità della decisione, sicché il termine per il pagamento decorre dal passaggio in giudicato della sentenza condizionalmente sospesa.
4. Rileva il Collegio che il termine di adempimento anteriore al passaggio in giudicato non era apposto alla sentenza emessa a carico dell’odierno ricorrente né vi è stato apposto dalla sentenza di appello, che non reca alcuna statuizione sul punto in dispositivo, sicché manifestamente infondate si appalesano le deduzioni svolte al riguardo nel ricorso.
In tal senso avrebbe dovuto orientarsi anche il giudice di appello che, nella parte motiva sviluppa argomentazioni che non si attagliano al caso concreto e che, in risposta alle deduzioni difensive, ha esposto argomentazioni erronee in diritto che, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 619 cod. proc. pen., vanno rettificate nel senso illustrato al punto 3 del Considerato in diritto.
5. Generiche sono le deduzioni difensive che concernono la mancata valutazione delle condizioni economiche dell’imputato ai fini della disposta sospensione condizionale della pena al pagamento della provvisionale, non essendo stati comprovati elementi decisivi che facciano dubitare della capacità economica di adempiere e che l’imputato aveva allegato sostenendo di svolgere attività saltuaria, tenuto conto, altresì, che la verifica dell’eventuale impossibilità di adempiere da parte del condannato rientra nella competenza del giudice dell’esecuzione (Sez. 5, n. 15800 del 17/11/2015 – dep. 15/04/2016, Foddi e altro, Rv. 266690).
6. Generiche e manifestamente infondate sono anche le restanti censure.
La Corte di appello, con ragionamento puntuale e privo di illogicità manifeste e vizi giuridici, ha invero evidenziato che già il Tribunale in sede civile aveva valutato la capacità reddituale del ricorrente nel determinare il mantenimento del figlio minore in 200 Euro mensili e che le allegazioni difensive non dimostravano che l’incapacità economica dell’obbligato, intesa come impossibilità di far fronte agli adempimenti sanzionati dall’art. 570 cod. pen., rivestisse i caratteri di assoluta, persistente, oggettiva ed incolpevole indisponibilità di introiti (tra tante, Sez. 6, n. 33997 del 24/06/2015, C, Rv. 264667).
7. Segue al rigetto del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, ammessa al patrocinio dello Stato, nella misura che sarà separatamente liquidata dal competente giudice di merito, disponendo il pagamento di tali spese in favore dello Stato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, ammessa al patrocinio dello Stato, nella misura che sarà separatamente liquidata dal competente giudice di merito, disponendo il pagamento di tali spese in favore dello Stato.
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