La delega al sostituto processuale deve essere conferita solo per iscritto
Avv. Marco Trasacco | Nel processo penale, il difensore dell’imputato può nominare altro difensore, in qualità di sostituto processuale ai sensi dell’art. 102. c.p.p., ma la delega deve essere conferita necessariamente per iscritto e ciò vale anche per il sostituto del difensore delle altre parti private (art. 100 cod. proc. pen. ) e della persona offesa (art. 101 cod. proc. pen. ) – (Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 26 aprile – 11 giugno 2018, n. 26606).
La Corte, in motivazione, ha evidenziato che “A tale conclusione occorre pervenire, innanzitutto, per il chiaro disposto degli artt. 96 cod. proc. pen. e 34 delle D.A.C.P.P.: la prima di dette norme – nel prevedere, per l’imputato, il diritto di nominare non più di due difensori di fiducia – stabilisce, al secondo comma, che “la nomina è fatta con dichiarazione resa all’autorità procedente ovvero consegnata alla stessa dal difensore o trasmessa con raccomandata”; la seconda – rubricata espressamente “designazione del sostituto del difensore” – stabilisce che “il difensore designa il sostituto nelle forme indicate nell’art. 96, comma 2, del codice”. Chiave di lettura è, quindi, l’art. 96, comma 2, cod. proc. pen., per il quale la nomina (come la designazione del sostituto, in virtù del rimando fatto dall’art. 34 D.A.c.p.p.) deve essere documentata per iscritto, perché solo in tal modo può avere effetto dinanzi all’Autorità giudiziaria“.
La Suprema Corte con la decisione in epigrafe si pone in netta antitesi rispetto al prevalente orientamento seguito presso i vari Tribunali nazionali che trovava la sua fonte nella riforma forense ed, in particolare, nella legge 274/12, inerente la “Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense”, entrata in vigore il 02/02/2013, che al secondo comma, dell’art.14, regola la facoltà del professionista di farsi sostituire in udienza da un collega, stabilendo che: “Gli avvocati possono farsi sostituire da altro avvocato, con incarico anche verbale, o da un praticante abilitato, con delega scritta”.
Sul punto, la Cassazione ha precisato che “…la disposizione contenuta nell’art. 14, comma 2, della legge 247/2012, richiamata dal difensore, secondo cui “gli avvocati possono farsi sostituire o coadiuvare da altro avvocato, con incarico anche verbale” va interpretata, pertanto, nel senso che la sostituzione può avvenire anche oralmente, ma al di fuori del processo, nel cui ambito vige, invece, la regola specificamente dettata dagli artt. 96/2 cod. proc. pen. e 34 D.A. c.p.p…”.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PALLA Stefano – Presidente –
Dott. ZAZA Carlo – Consigliere –
Dott. SETTEMBRE Antonio – rel. Consigliere –
Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
V.R., nato il (OMISSIS) parte offesa nel procedimento c/:
P.A., nato il (OMISSIS);
C.A. nato il (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 24/05/2017 del GIP TRIBUNALE di ROMA;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANTONIO SETTEMBRE;
lette le conclusioni del Procuratore Generale della Repubblica presso
la Corte di Cassazione, dr.ssa Franca Zacco, che ha chiesto
l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. Ricorre V.R. avverso l’ordinanza di archiviazione emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, ai sensi dell’art. 410 c.p.p., nel procedimento iscritto contro C.A. per il reato di diffamazione.
Il ricorrente lamenta la violazione del contraddittorio, in quanto all’udienza del 26 aprile 2017, svoltasi dinanzi al Giudice per le indagini preliminari, era stato impedito all’avv. Irene Coppola, presente in udienza per delega “orale” del difensore officiato (avv. Massimo Ciardullo), di esporre le proprie ragioni.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato. La questione posta dal ricorrente attiene, evidentemente, alle modalità di conferimento – da parte del difensore officiato della delega prevista dall’art. 102 c.p.p.: vale a dire, se debba essere conferita necessariamente per iscritto, ovvero se possa essere conferita oralmente. La prima soluzione è quella giuridicamente corretta.
1. A tale conclusione occorre pervenire, innanzitutto, per il chiaro disposto dell’art. 96 c.p.p., e art. 34 delle D.A.C.P.P.: la prima di dette norme – nel prevedere, per l’imputato, il diritto di nominare non più di due difensori di fiducia – stabilisce, al secondo comma, che “la nomina è fatta con dichiarazione resa all’autorità procedente ovvero consegnata alla stessa dal difensore o trasmessa con raccomandata”; la seconda – rubricata espressamente “designazione del sostituto del difensore” – stabilisce che “il difensore designa il sostituto nelle forme indicate nell’art. 96, comma 2, del codice”. Chiave di lettura è, quindi, l’art. 96 c.p.p., comma 2, per il quale la nomina (come la designazione del sostituto, in virtù del rimando fatto dall’art. 34 D.A.c.p.p.) deve essere documentata per iscritto, perchè solo in tal modo può avere effetto dinanzi all’Autorità giudiziaria. Infatti: a) se la nomina è fatta con “dichiarazione resa all’autorità procedente”, essa è necessariamente inserita in un verbale, non essendo concepibile una nomina affidata alla memoria degli operatori giudiziari; b) se “è consegnata all’autorità procedente dal difensore” vuol dire che è stata effettuata per iscritto e in tale forma consegnata all’Autorità giudiziaria; c) se “è trasmessa con raccomandata” all’autorità giudiziaria procedente vuol dire che è stata previamente raccolta in forma scritta. Di conseguenza, dovendo la designazione del sostituto avvenire nelle stesse forme, non è ammissibile la designazione orale. Essa può avvenire con dichiarazione reset personalmente dal difensore all’autorità procedente (nel qual caso è inserita a verbale), ovvero consegnata o trasmessa per iscritto all’autorità procedente.
2. Ciò che è stato stabilito per il sostituto del difensore dell’imputato vale, a maggior ragione, per il sostituto del difensore delle altre parti private (art. 100 c.p.p.) e della persona offesa (art. 101 c.p.p.), dal momento che l’art. 34 D.A. c.p.p. si riferisce, indistintamente, ad ogni difensore, sia per la sua collocazione sistematica (è ricompreso nel capo IV del titolo I, che detta norme per ogni “difensore”), sia per il suo contenuto semantico (parla, genericamente, del “difensore”). D’altra parte, non è ipotizzabile, per il sostituto di detti difensori, una soluzione diversa, dal momento che già per il difensore della parte civile, del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria l’attribuzione del ministero deve avvenire per procura speciale, trattandosi di soggetti che agiscono nell’ambito di un rapporto civilistico, ancorchè inserito nel processo penale, mentre, per il difensore della persona offesa, la forma scritta è prescritta dall’art. 101 c.p.p. (che rimanda, ancora una volta, all’art. 96 c.p.p., comma 2). Sotto il profilo dell’inquadramento giudico va considerato che la sostituzione processuale è sussumibile nello schema della rappresentanza (art. 1387 c.c.); il che conferma che il conferimento dell’incarico deve avvenire con le forme previste per la nomina del difensore (art. 1392 c.c., e art. 96 c.p.p.).
3. Alla medesima conclusione occorre pervenire se si ha riguardo non alla “nomina”, ma alla documentazione della qualità di difensore all’autorità procedente. Infatti, per tutti i “difensori”, la documentazione della qualità (all’autorità procedente) può avvenire solo in forma scritta (si veda l’art. 27 D.A.c.p.p.), sicchè – anche tralasciando quanto prevede, per la nomina, l’art. 34 cit. – non è concepibile che il sostituto del difensore sia esonerato dall’obbligo di documentare, alla stessa maniera, la sua qualità, trattandosi di soggetto che fa le veci del difensore e sottostà, quindi, alla medesima disciplina.
4. Nè a conclusione diversa è possibile pervenire se si ha riguardo alla disciplina positiva della professione forense, contenuta nel R.D.L. n. 1578 del 27 novembre 1933 (Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore) e nella L. 31 dicembre 2012, n. 247 (Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense). Tanto perchè il R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 9, prevede espressamente che “il procuratore può, sotto la sua responsabilità, farsi rappresentare da un altro procuratore esercente presso uno dei Tribunali della circoscrizione della Corte d’appello e Sezioni distaccate. L’incarico è dato di volta in volta per iscritto negli atti della causa o con dichiarazione separata”. Tale norma non è stata abrogata dalla L. 31 dicembre 2012, n. 247 (Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense), dal momento che l’art 65, della legge suddetta fa salve le norme anteriori fino all’entrata in vigore dei regolamenti previsti dalla stessa legge (regolamenti che non risultano – allo stato – emanati) e dal momento che non risulta esercitata la delega prevista dall’art. 64, della medesima legge (secondo cui il Governo avrebbe potuto adottare, entro ventiquattro mesi, uno o più decreti legislativi contenenti un testo unico di riordino delle disposizioni vigenti in materia di professione forense). La disposizione contenuta nella L. n. 247 del 2012, art. 14, comma 2, richiamata dal difensore di V., secondo cui “gli avvocati possono farsi sostituire o coadiuvare da altro avvocato, con incarico anche verbale” va interpretata, pertanto, nel senso che la sostituzione può avvenire anche oralmente, ma al di fuori del processo, nel cui ambito vige, invece, la regola specificamente dettata dagli artt. 96 c.p.p., comma 2, e art. 34 D.A. c.p.p..
Non è possibile, quindi, per le ragioni anzidette, accedere all’opinione del ricorrente e del Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione, secondo cui la legge 247/2012 avrebbe implicitamente abrogato il R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 9, nè a siffatta conclusione inducono motivi di ordine logico (la “vanificazione” della previsione contenuta nell’art. 14 cit.), giacchè l’interpretazione qui accolta non esclude l’operatività dell’art. 14 cit. in ambito extra-processuale (laddove rilevano esclusivamente i rapporti tra parti private) e perchè niente impedisce al difensore di officiare per iscritto altro avvocato, allorchè voglia delegare la rappresentanza processuale. D’altra parte, anche se si volesse ritenere abrogato la cit. L. n. 247 del 2012, art. 9, non per questo verrebbe meno la previsione degli artt. 96 c.p.p., comma 2, e art. 34 D.A.c.p.p., atteso che queste norme dettano una disciplina valevole in ambito settoriale, sicchè non sarebbero toccate da una normativa disciplinante – in via generale – la professione forense, e perchè non può dirsi che la L. n. 247 del 2012, regoli “l’intera materia già regolata dalla legge anteriore” (art. 15 preleggi), dal momento che ne resta fuori l’istituto della rappresentanza processuale.
5. E’ infondato, pertanto, l’unico motivo di ricorso, che va, di conseguenza, rigettato. Consegue anche, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 26 aprile 2018.
Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2018
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