IL DEBITORE PUÒ FAR VALERE L’INEFFICACIA CON IL RIMEDIO ORDINARIO DELL’OPPOSIZIONE. IN MANCANZA, IL DECRETO DIVENTA DEFINITIVO
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente
Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere
Dott. BONOMO Massimo – Consigliere
Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere
Dott. DEL CORE Sergio – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
S.A., elettivamente domiciliata in ROMA VIA SAVOIA 33, presso l’Avvocato SIMONETTI LIA, che la rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
A.U., elettivamente domiciliato in ROMA, via Arezzo 54, presso l’Avvocato MINDOPI FLAVIANO, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 190/03 del Giudice di pace di VELLETRI, depositata il 20 marzo 2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22 giugno 2006 dal Consigliere Dott. DEL CORE Sergio;
udito per il resistente, l’Avvocato MINDOPI che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CALIENDO Giacomo che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
Il Giudice di pace di Velletri, con decreto emesso il 30 maggio 2002 su ricorso dell’Avv. S.A., ingiunse a A.U. il pagamento della somma di Euro 225,69, a titolo di prestazioni professionali.
L’ingiunto propose opposizione ed il Giudice di pace, con sentenza del 20 marzo 2003, dichiarò l’inefficacia del decreto ingiuntivo, perché notificato oltre il termine di cui all’art. 644 c.p.c. Della sopra compendiata sentenza, la S. ha chiesto la cassazione con ricorso sostenuto da due motivi.
Resiste l’ A. con controricorso.
Motivi della decisione
Con il primo motivo la ricorrente denunzia nullità della sentenza per omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c., rilevando che il Giudice di pace non doveva arrestarsi alla declaratoria di inefficacia del decreto ingiuntivo, perché notificato oltre il termine di cui all’art. 644 c.p.c., ma avrebbe dovuto esaminare nel merito la pretesa creditoria azionata con il ricorso monitorio.
Con il secondo motivo la ricorrente denunzia vizi di motivazione sull’accertamento della fondatezza della domanda giudiziale, avendo il Giudice di pace rilevato soltanto che la declaratoria di inefficacia del decreto non consentiva la trattazione delle altre domande.
Il primo motivo ò fondato.
Il giudice a quo si è limitato, in via pregiudiziale, alla declaratoria d’inefficacia del decreto, negando di potersi considerare investito del compito di statuire sulla sussistenza del credito fatto valere in causa; una istanza in tal senso era stata esplicitamente formulata dalla S. in via di subordine nella comparsa di costituzione e risposta, esaminabile in questa sede attesa la natura del vizio denunziato.
Ora, come è noto, la notificazione del decreto ingiuntivo oltre il termine di quaranta giorni dalla pronuncia comporta, ai sensi dell’art. 644 c.p.c., l’inefficacia del provvedimento, vale a dire rimuove l’intimazione di pagamento con esso espressa ed osta al verificarsi delle conseguenze che l’ordinamento vi correla, ma non tocca, in difetto di previsione in tal senso, la qualificabilità del ricorso per ingiunzione come domanda giudiziale; ne deriva che, ove su detta domanda si costituisca il rapporto processuale, ancorché su iniziativa della parte convenuta (in senso sostanziale) la quale eccepisca quell’inefficacia, il giudice adito, alla stregua delle comuni regole del processo di cognizione, ha il potere-dovere non soltanto di vagliare la consistenza dell’eccezione (con le implicazioni in ordine alle spese della fase monitoria), ma anche di decidere sulla fondatezza della pretesa avanzata dal creditore ricorrente (cfr., e plurimis, Cass. nn. 5055/1999, 11915/1990, 7234/1987, 4668/1986, 668/1986, 528/1979).
Ciò in quanto l’opposizione al decreto ingiuntivo dà luogo a un ordinario ed autonomo giudizio di cognizione, come tale esteso all’esame non soltanto delle condizioni di ammissibilità e di validità del procedimento monitorio, ma anche della fondatezza della domanda, sul marito della quale il giudice ha comunque l’obbligo di pronunciarsi, nel senso che deve accoglierla o rigettarla secondo che ritenga provato o non il credito dedotto; e ciò indipendentemente dalla validità, sufficienza e regolarità degli elementi in base ai quali sia stato emesso il decreto ingiuntivo, la cui eventuale insussistenza spiega rilevanza soltanto sul regolamento delle spese della fase monitoria.
Il secondo motivo, attinente al merito, resta assorbito.
Cassata la sentenza, la causa va rinviata, per un nuovo esame, al Giudice di pace di Velletri in persona di diverso decidente, cui si demanda la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
PQM
La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, al Giudice di pace di Velletri in persona di diverso decidente.
Così deciso in Roma, il 22 giugno 2006.
Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2006
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