Covid, costituzionalmente illegittimo il DPCM che imponeva l’autocertificazione

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Avv. Marco TrasaccoDeve affermarsi la illegittimità del DCPM del 08.03.2020 per violazione dell’art. 13 Cost., con conseguente dovere del Giudice ordinario di disapplicare tale DPCM ai sensi dell’art. 5 della legge n. 2248 del 1865 All. E. (Sentenza TRIBUNALE DI REGGIO EMILIA SEZIONE GIP-GUP – 27.01.2021).

Il fatto


ll caso in questione fa riferimento ad un episodio occorso il 13 marzo dell’anno scorso quando una coppia della provincia di Reggio veniva sorpresa fuori dalla propria abitazione dai Carabinieri; la coppia forniva ai verbalizzanti un’autocertificazione non veritiera.

Nello specifico, la donna riferiva di essersi dovuta recare in ospedale a Correggio per effettuare delle analisi e l’uomo precisava di averla accompagnata. I carabinieri verificavano che non c’era stato alcun accesso alla struttura sanitaria e per i due era scattata la denuncia.

L’esito del giudizio


Nel corso delle indagini, Il Pubblico Ministero avanzava richiesta di emissione di decreto penale di condanna essendo gli stessi indagati del delitto di cui all’art 483 CP perché, compilando atto formale di autocertificazione per dare contezza del loro essere al di fuori dell’abitazione in contrasto con l’obbligo imposto dal DCPM 08.03.2020, attestavano falsamente ai Carabinieri di Correggio, la donna di essere andata a sottoporsi ad esami clinici e l’uomo di averla accompagnata.

Il Gip Dr. De Luca assolveva entrambi dichiarando “il non luogo a procedere perché il fatto non costituisce reato”.

I punti salienti della decisione


  • in via assorbente, deve rilevarsi la indiscutibile illegittimità del DPCM del 8.3.2020, evocato nell’autocertificazione sottoscritta da ciascun imputato;
  • tale disposizione, stabilendo un divieto generale e assoluto di spostamento al di fuori della propria abitazione, con limitate e specifiche eccezioni, configura un vero e proprio obbligo di permanenza domiciliare;
  • tuttavia, nel nostro ordinamento giuridico, l’obbligo di permanenza domiciliare consiste in una sanzione penale restrittiva della libertà personale che viene irrogata dal Giudice penale per alcuni reati all’esito del giudizio (ovvero, in via cautelare, in una misura di custodia cautelare disposta dal Giudice, nella ricorrenza dei rigidi presupposti di legge, all’esito di un procedimento disciplinato normativamente), in ogni caso nel rispetto del diritto di difesa;
  • peraltro, nella fattispecie, poiché trattasi di DPCM, cioè di un atto amministrativo, il Giudice ordinario non deve rimettere la questione di legittimità costituzionale alla Corte costituzionale, ma deve procedere, direttamente, alla disapplicazione dell’atto amministrativo illegittimo per violazione di legge (Costituzionale);
  • infine, non può neppure condividersi l’estremo tentativo dei sostenitori, ad ogni costo, della conformità a Costituzione dell’obbligo di permanenza domiciliare sulla base della considerazione che il DPCM sarebbe conforme a Costituzione, in quanto prevederebbe delle legittime limitazioni della libertà di circolazione ex art. 16 Cost. e non della libertà personale;
  • in sostanza la libertà di circolazione non può essere confusa con la libertà personale: i limiti della libertà di circolazione attengono a luoghi specifici il cui accesso può essere precluso, perché ad esempio pericolosi; quando invece il divieto di spostamento non riguarda i luoghi, ma le persone allora la limitazione si configura come vera e propria limitazione della libertà personale. Certamente quando il divieto di spostamento è assoluto, come nella specie, in cui si prevede che il cittadino non può recarsi in nessun luogo al di fuori della propria abitazione è indiscutibile che si versi in chiara e illegittima limitazione della libertà personale.

Il provvedimento per esteso 

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