Gratuito patrocinio, le false dichiarazioni costituiscono reato a prescindere dall’ammissione

dichiarazioni false Tempo di lettura stimato: 8 minuti
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Avv. Marco TrasaccoL’irregolarità della dichiarazione sostitutiva anche se le falsità sono ininfluenti ai fini dell’ammissione al gratuito patrocinio ha rilevanza penale. Il delitto di falsità od omissione nella dichiarazione sostitutiva di certificazione finalizzata all’ammissione al gratuito patrocinio a spese dello Stato (art. 95 d.P.R. n. 115 del 2002) è un reato di pericolo e, pertanto, sussiste anche quando le alterazioni od omissioni di fatti veri si rivelino ininfluenti ai fini dell’ammissione al beneficio.

L’art. 95 del Testo Unico delle Spese in materia di Giustizia (DPR 115/2002) sanziona penalmente, con la reclusione e la multa, la falsità o le omissioni nella dichiarazione sostitutiva di certificazione, nelle dichiarazioni, nelle indicazioni e nelle comunicazioni previste dall’articolo 79 a corredo dell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
Non sfugge tuttavia alla sanzione penale la condotta di chi, pur avendo rilasciato dichiarazioni false o lacunose in ordine alle proprie effettive condizioni reddituali, avrebbe comunque potuto fruire del beneficio del patrocinio a spese dello Stato, a fronte di un reddito successivamente accertato inferiore alla soglia prevista dalla legge.
Il reato di cui all’art. 95 del DPR 115/2002 è infatti reato di pericolo giacché rilevano l’inganno, anche solo potenziale, e l’offesa alla pubblica fede mentre l’effettivo conseguimento del beneficio è previsto dal legislatore come mera aggravante.

In seguito la sentenza per esteso.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI CAMPOBASSO
IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA
ART. 544, 2 co. c.p.p.
IL TRIBUNALE
in persona del GIUDICE Dr.ssa Roberta D’ONOFRIO alla pubblica udienza del 12 febbraio
2016 ha pronunziato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente:
SENTENZA
nei confronti di:
Y.H., nato a B. K. K. (M.) il (omissis…) e residente a G. Via (omissis…)
– domicilio dichiarato
LIBERO – PRESENTE
IMPUTATO
Del reato p. e p. dall’art. 95 D.P.R. n. 115 del 2002, perché, nell’istanza di ammissione al gratuito patrocinio a spese dello Stato nel procedimento penale n. 291/08 R.G.N.R. (225/08 RG GIP) a cui conseguiva l’ottenimento dell’ammissione medesima, dichiarava circostanze false in ordine al requisito reddituale, risultando, contrariamente a quanto dichiarato, che lo stesso era superiore alla soglia massima fissata dalla legge per l’ottenimento del beneficio.
In Ca., istanza del 9.11.2009, decreto di ammissione del 18.8.2009
Con l’intervento del P.M.O. dr.ssa Renata PALLADINO e del difensore di fiducia per
l’imputato l’avv. Costantino D’ANGELO del Foro di CAMPOBASSO

Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO e MOTIVI DELLA DECISIONE
A seguito di udienza preliminare, è stato disposto il giudizio (con decreto del 3 Giugno del 2015) nei confronti di Y.H. per rispondere del rubricato reato di cui all’art. 95 D.P.R. n. 115 del 2002.

All’esito del dibattimento, svoltosi in presenza dell’imputato libero, raccolte le prove documentali in atti, all’udienza del 12 Febbraio del 2016 il P.M. ed il difensore concludevano come da verbale.

Ritiene il giudice che la prova acquisita in giudizio sia idonea a dimostrare la colpevolezza dell’imputato in ordine al delitto ascrittogli: la documentazione proveniente dall’ Agenzia delle Entrate in Campobasso(e nella specie il prospetto scritto dei redditi percepiti dall’imputato personalmente nel periodo di imposta 2008 in quanto nella dichiarazione sostitutiva di certificazione l’imputato aveva indicato espressamente che per l’anno 2008 il “reddito imponibile era pari a zero”) permette di ricostruire, univocamente, i fatti di causa nel modo che si va ad esporre.

In data 3 Novembre del 2009 Y.H., instava al Tribunale di Campobasso, per essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato in relazione al procedimento penale pendente iscritto al N. 291/08 RGNR dichiarando, quale autocertificazione ex art. 46 comma I D.P.R. n. 445 del 2000, che:

– la propria famiglia anagrafica, oltre al sottoscritto, era composta dalla moglie e da due figli minori;

– nell’istanza e nella dichiarazione sostitutiva di certificazione – corredata di fotocopia del documento di identità- l’imputato ha dichiarato che il reddito imponibile dell’intero nucleo familiare relativo all’anno 2008 era pari a zero.

Con provvedimento del 28 Gennaio del 2010 il Gup presso il Tribunale di Campobasso, dr. Giovanni Falcione, ammetteva Y.H. al beneficio.

A seguito degli accertamenti in verifiche effettuati dalla Agenzia delle Entrate, però, risulta (cfr. la relazione del direttore dell’Ufficio Au. Ca. nonché lo schema riassuntivo dei redditi del nucleo familiare dello Y.H. per il periodo di imposta 2008,2009,2010 e 2011) che la dichiarazione sostitutiva di certificazione a firma del prevenuto, il quale, poi, aveva ottenuto il beneficio richiesto, era non veritiera in quanto nel periodo di imposta 2008 (rilevante ed indicato espressamente nella dichiarazione sostitutiva di certificazione dall’imputato):

– egli stesso contrariamente a quanto dichiarato (che il reddito familiare era pari a zero), aveva conseguito redditi per € 15.111,00 nel periodo di imposta 2008 (e poi anche nel 2009,2010,2011).

Pertanto, era stata richiesta la revoca dell’ammissione al beneficio all’Autorità Giudiziaria competente ed il Giudice, in data 4 Settembre del 2013, aveva revocato l’ammissione di Y.H. al patrocinio a spese dello Stato.

Ebbene, l’omessa indicazione di qualsivoglia reddito proprio e familiare da parte dell’istante ed, anzi, la dichiarazione mendace resa dall’imputata in sede di istanza di ammissione e di dichiarazione sostitutiva di notorietà che, nell’ambito del nucleo familiare, nessuno aveva percepito alcun reddito, rispetto ai dati di fatto acclarati a seguito degli accertamenti della Agenzia delle Entrate risulta integrare la fattispecie criminosa in contestazione.

È noto infatti che la falsa attestazione (come nel caso di specie, omissiva rispetto alla indicazione della titolarità di componenti positive di reddito in capo ad egli stesso istante per il periodo di imposta precedente- 2008- a quello in cui fu presentata l’autocertificazione, in quanto atta ad ingenerare un inganno “potenziale” è un reato di pericolo e pertanto sussiste “anche quando le alterazioni od omissioni di fatti veri sono ininfluenti ai fini della ammissione al beneficio” (cfr. in tal senso la Cassazione a Sezioni Unite 6591/2009).

La medesima Cassazione a Sezioni Unite ha precisato, peraltro, come anche le omissioni parziali siano suscettibili di integrare la fattispecie penale in argomento.

Ebbene, l’art. 79 comma 1 lettera C. nell’individuare il reddito complessivo valutabile ai fini dell’ammissione al beneficio, fa richiamo alle modalità indicate dall’art. 76 D.P.R. n. 115 del 2002 il quale, a sua volta, indica che ” il reddito è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l’istante” e che “ai fini della determinazione dei limiti di reddito, si tiene conto anche dei redditi che per legge sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ovvero ad imposta sostitutiva”.

Peraltro, l’omessa indicazione della titolarità di fonti di reddito sicuramente risulta di significativo rilievo se si consideri che “ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato rilevano anche i redditi da attività illecite, che possono essere accertati con gli ordinari mezzi di prova, tra cui le presunzioni semplici” (Cass. pen., Sez. IV,27/01/2011, n. 20580).

Pertanto, la circostanza che l’imputato abbia omesso di dichiarare che egli stesso, per il periodo di imposta precedente, avesse conseguito redditi sicuramente integra il reato in contestazione.

Né a confutare la prospettazione accusatoria risultano utili le argomentazioni difensive.

L’imputato, in sede di esame, ha dichiarato di essersi stabilito in Italia ormai da anni e di avere intrapreso dall’anno 2000 un’attività commerciale quale quella di commerciante ambulante che egli stesso tutt’ora svolge (cfr. l’esame dell’imputato al verbale del 12 Febbraio 2016).

Egli ha poi dichiarato di essersi rivolto al proprio legale allo scopo di predisporre ed ottenere l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato ed ha dichiarato di non conoscere e comprendere bene la lingua italiana.

Ebbene, la circostanza che l’imputato abbia riconosciuto, in sede di esame, di avere intrapreso stabilmente l’attività di commerciante ambulante in Italia, fin dall’anno 2000, esclude la verosimiglianza che egli sia incorso in un fraintendimento nella compilazione della dichiarazione sostitutiva di notorietà per mancata conoscenza della lingua italiana.

Peraltro, il falso commesso dall’imputato è eclatante dal momento che egli ha indicato reddito “zero” per l’anno 2008 mentre egli stesso risulta avere prodotto e dichiarato un reddito che si attesta intorno agli e 15.000,00 per ciascun anno di imposta dal 2008 al 2011.

Non poteva l’imputato ignorare di avere prodotto per l’anno 2008 un reddito pari ad € 15.111,00, come dallo stesso espressamente dichiarati, peraltro.

Del resto la dichiarazione sostitutiva era di Novembre 2009 per cui a quella data l’imputato, versato in una attività di commercio ambulante stabile dal 2000 che gli procura un reddito più o meno stabile dal 2008 al 2011, sicuramente era ben consapevole al Novembre del 2009 che nel 2008 aveva guadagnato un reddito superiore ad e 15.000,00.

Né è valida l’argomentazione difensiva in ordine al fatto che sarebbe stato il legale il reale autore della falsificazione in quanto:

– in base ad un criterio di verosimiglianza il legale scrive quanto dichiara il suo cliente in ordine al reddito percepito;

– nella fattispecie concreta mentre l’istanza per l’ammissione risulta compilata al computer verosimilmente dal legale e poi sottoscritta da Y.H., la dichiarazione sostitutiva di certificazione risulta redatta a mezzo di modulo prestampato e poi compilata a penna direttamente dallo Y.H.;

– non è affatto credibile né del resto rilevante quanto dichiarato dall’imputato in sede di esame, al solo fine di esimersi da responsabilità, ossia che egli non usa controllare al momento della firma il contenuto del documento che va sottoscrivendo.

Nessun interesse, infatti, poteva avere il legale cui l’imputato si era rivolto nel falsificare la dichiarazione sostitutiva di certificazione.

Del tutto irrilevante, poi, è l’argomentazione difensiva secondo la quale nonostante la pretermessa voce di reddito, l’imputato avrebbe avuto comunque diritto al beneficio.

In primo luogo la circostanza non è veritiera in quanto la soglia di ammissione per l’imputato e gli altri tre componenti del nucleo familiare per l’anno 2008 era di € 13.726,89 mentre l’imputato ha percepito da solo per l’anno 2008 € 15.111,00.

Qunad’anche, poi, egli avesse percepito un reddito inferiore, comunque egli avrebbe commesso il reato in contestazione.

Infatti, la Cassazione a Sezioni Unite, dal 2009 in poi, si è pronunciata nel senso che la fattispecie di reato de qua loquitur è di pericolo, ragione per la quale il reato sussiste per il solo fatto della falsità della dichiarazione e del tutto indipendentemente dal fatto che la falsità sia su una componente rilevante o meno ai fini dell’ammissione al beneficio (cfr. in tal senso la Cassazione a Sezioni Unite 6591/2009).

La qualificazione giuridica del fatto è corretta. La condotta tenuta dall’imputato risulta indubbiamente di falsità ex art. 95 D.P.R. n. 115 del 2002 quale è, al di fuori di ogni dubbio, la dichiarazione mendace ex art. 46 lettera o) e 47 D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 resa dall’istante per ottenere la ammissione al gratuito patrocinio (cfr. la istanza valida quale dichiarazione sostitutiva di certificazione).

Infatti, il reato di falso odiernamente contestato sussiste anche se il mendacio riguarda un reddito inferiore alla soglia di ammissibilità al beneficio: il falso di cui all’art. 95 D.P.R. n. 115 del 2002 è reato di pericolo in ordine all’interesse dell’ordinamento alla genuinità e veridicità del documento con valenza probatoria, indipendentemente da qualsivoglia danno patrimoniale che sia, o meno, stato arrecato all’ordinamento (cfr. in tal senso la Cass. Sez. Unite 16.2.2009 n. 6591 ex professo con riferimento alla ipotesi di reato di cui all’art. 95 D.P.R. n. 115 del 2002).

Ma, si è detto, nel caso di specie l’imputato aveva percepito da solo un reddito superiore alla soglia di ammissione pure maggiorata dalla convivenza con due familiari.

Né ricorrono dubbi sul dolo dell’imputato.

L’imputato, in sede di autocertificazione ai fini dell’ammissione al gratuito patrocinio, ha indicato, di suo pugno, espressamente il reddito familiare per il 2008 come reddito “zero” pretermettendo il reddito proprio che, peraltro, superava, da solo, la soglia di ammissibilità per quel nucleo familiare..

Ebbene, risulta del tutto inverosimile che l’imputato non conoscesse di avere egli stesso, unico a lavorare nel proprio nucleo familiare composto di una moglie e due minori, versato dal 2000 nell’attività di commercio ambulante in Italia un reddito così rilevante.

Non vi sono dubbi, dunque, sul fatto che l’imputato sia stato ben a conoscenza, al momento della redazione e presentazione dell’istanza per l’ammissione al beneficio, di stare omettendo di avere lavorato e percepito reddito egli stesso.

Pur di ottenere il patrocinio a spese dello Stato, dunque, l’imputato non ha esitato a commettere un falso.

Ricorre anche l’aggravante contestata in fatto concernente l’ottenimento del beneficio da parte dell’imputato.

Valutato il turbamento che il reato ha cagionato all’ordinamento e tenuto conto della resipiscenza dimostrata dall’imputato soltanto a seguito del timore ingeneratogli dall’intervento dell’autorità, appare equo determinare la pena base (valutati tutti i parametri di cui all’art. 133 c.p.) in quella della reclusione pari ad anni uno ed alla multa per € 309,87 come da dispositivo.

Vanno riconosciute e dichiarate equivalenti alla contestata aggravante le attenuanti generiche in favore dell’imputato per il rigore sanzionatorio da adeguare al fatto.

Consegue a tanto il pagamento delle spese processuali.

Stanti i precedenti a carico dell’imputato (due condanne a pena detentiva per delitto di cui una condizionalmente sospesa), non può essergli concesso il beneficio della sospensione condizionale della esecuzione della pena odiernamente inflitta.

Ai sensi dell’art. 537 c.p.p., va dichiarata nel dispositivo la falsità della dichiarazione mendace di cui in accusa.

PQM
P.Q.M.
Il Tribunale, letti gli artt. 533 c.p.p.,

dichiara Y.H. colpevole del reato ascrittogli e, per l’effetto, concesse in suo favore le attenuanti generiche dichiarate equivalenti alla contestata aggravante, lo condanna alla pena di anni uno di reclusione ed € 309,87 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.

Letto l’art. 537 c.p.p.,

dichiara la falsità dell’autocertificazione di cui in accusa.

Così deciso in Campobasso, il 12 febbraio 2016.

Depositata in Cancelleria il 18 febbraio 2016.

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