Invito a recarsi in Commissariato, se troppo generico non c’è reato per chi non obbedisce
Avv. Marco Trasacco | Non è raro il caso in cui si riceva una comunicazione dell’autorità di polizia in cui c’è l’invito a presentarsi in Commissariato “per motivi di polizia giudiziaria” con l’avvertimento che in caso di inosservanza si può commettere reato. Ebbene, la Cassazione, con una recente sentenza, ha stabilito che non risponde del reato di inosservanza dei provvedimenti dell’autorità (art. 650 c.p.) colui che, invitato a presentarsi davanti all’autorità di polizia “per motivi di polizia giudiziaria”, non obbedisca all’invito quando la motivazione del provvedimento è estremamente generica. Cassazione penale, sez. I, 19/04/2017, (ud. 19/04/2017, dep.26/09/2017).
In sintesi…
In altri termini, la motivazione generica della convocazione non consente di verificare la sussistenza dei requisiti minimi previsti dalla norma penale per la verifica della legittimità dell’ordine poi non ottemperato, con la conseguenza che l’atto attraverso cui viene veicolato l’ordine è illegittimo in quanto non consente al destinatario di conoscere le ragioni della convocazione.
La sentenza per esteso
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAZZEI Antonella P. – Presidente –
Dott. TARDIO Angela – Consigliere –
Dott. SIANI Vincenzo – rel. Consigliere –
Dott. APRILE Stefano – Consigliere –
Dott. MINCHELLA Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
M.R., N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 57/2015 CORTE APP.SEZ.MINORENNI di MESSINA,
del 07/04/2016;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/04/2017 la relazione fatta dal Consigliere Dott. VINCENZO SIANI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Mura Antonio, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con l’emissione di tutte le statuizioni consequenziali.
Udito il difensore avv. Lama Rossana, per delega dell’Avv. Zingale Salvatore, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa dal Tribunale per i minorenni di Messina in data 9 – 28 luglio 2015, M.R. – imputato del reato p. e p. dall’art. 624 bis c.p. (capo A: furto di un computer portatile nell’abitazione di C.A., con la recidiva specifica infraquinquennale, in (OMISSIS)) e del reato p. e p. dall’art. 650 c.p. (capo B: mancata ottemperanza all’ordine notificatogli il 5 luglio 2011 di presentarsi al Commissariato P.S. per motivi di polizia giudiziaria, fatto verificatosi in (OMISSIS)) – era stato assolto dal reato sub A per insussistenza del fatto e dichiarato colpevole del reato ascrittogli sub B, e, riconosciuta la diminuente per la minore età, era stato condannato alla pena di mesi uno di arresto.2. Impugnata dal M. la suddetta decisione, con la sentenza in epigrafe, resa il 7 aprile – 18 maggio 2016, la Corte di appello di Messina, Sezione per i minorenni, ha confermato la decisione appellata.
3. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore del M. chiedendone l’annullamento e svolgendo tre motivi.
3.1. Con il primo motivo si deduce la violazione ed erronea applicazione di legge, con rifermento all’art. 650 c.p..
La Corte aveva omesso di considerare che l’ordine dato semplicemente “per motivi di polizia giudiziaria” di cui era stato destinatario il M. per essere vincolante avrebbe dovuto essere congruamente motivato, implicando esso l’imposizione di una determinata condotta ad un determinato soggetto il quale doveva essere posto nella condizione di valutarne la legittimità: e l’esigenza di tale motivazione non era soddisfatta dalla mera indicazione delle ragioni di pubblica sicurezza, siccome tale indicazione non bastava a dimostrare la conoscenza piena e legale da parte del destinatario delle ragioni per le quali il provvedimento era stato assunto. E tale conoscenza doveva risultare, nel suo nucleo, dal testo dell’intimazione, con possibilità di mera integrazione orale.
3.2. Con il secondo motivo è lamentata erronea applicazione dello stesso art. 650 c.p., con riferimento alla verifica dell’elemento soggettivo.
In particolare, non era stato considerato che la notifica dell’ordine era avvenuta a mani della sorella, per cui non sussisteva certezza che il M. ne avesse avuto legale conoscenza, dato che in quel frangente il destinatario era assente, come da dichiarazioni dello stesso testimone Ingegneri (allegate al ricorso); e non poteva dubitarsi del fatto che, per la sussistenza del reato contestato, era necessario che il destinatario fosse venuto effettivamente a conoscenza dell’ordine impartito, dovendo il giudice accertare tale presupposto. Tale mancata acquisizione rendeva viziata la motivazione resa dalla Corte.
3.3. Con il terzo motivo si prospetta l’omessa motivazione in ordine alla scelta della pena detentiva, in luogo di quella pecuniaria, per gli effetti di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).
I giudici di appello avevano del tutto ignorato la doglianza formulata con l’atto di appello in ordine alla scelta della pena: e questa carenza costituiva vizio di motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato, mancante di alcun accenno sull’argomento.
3. Il Procuratore generale si è espresso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso, nessuna delle censure svolte riuscendo in modo evidente ad infirmare la motivazione della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La Corte ritiene l’impugnazione sia fondata con riferimento assorbente alla questione posta nel primo motivo e vada quindi accolta.2. Si premette che a ragione della sentenza emessa, valutando i motivi su cui era fondato l’appello, la Corte territoriale ha ritenuto dimostrata la consegna dell’atto alla sorella convivente dell’imputato, come da testimonianza dell’appartenente alla Polizia, Francesco Ingegneri, atto che avvertiva il destinatario che la sua mancata presentazione avrebbe dato luogo alla denuncia per violazione dell’art. 650 c.p.. Inoltre, ha dato atto che la testimone M.R. si era avvalsa della facoltà di non rispondere e che l’istruttoria era stata adeguatamente espletata. Considerato dimostrato il reato, la Corte ha giustificato la condanna alla pena detentiva, in luogo di quella pecuniaria, alternativamente prevista dalla cornice edittale, ponendo la stessa in relazione alla personalità dell’imputato, quale era dato evincere dai suoi precedenti penali (gli era stato concesso il perdono giudiziale per il reato di furto aggravato ed aveva riportato condanna a pena detentiva per altro reato analogo).
Tuttavia è restato assodato, come del resto enuncia la stessa contestazione, che il destinatario dell’ordine è stato informato dell’esigenza di presentarsi in Commissariato radicata su generici motivi di polizia giudiziaria, senza alcuna altra specificazione.
Questo dato strutturale dell’imputazione ne segna anche il limite decisivo.
3. Occorre infatti ribadire che per la verifica della responsabilità relativamente al reato contravvenzionale di cui all’art. 650 c.p. per inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità l’interprete deve controllare in primo luogo l’evenienza della legalità sostanziale e della legalità formale del provvedimento in thesi violato, sotto tutti i consueti aspetti inerenti alla legittimità dell’atto amministrativo – incompetenza, violazione di legge, eccesso di potere – per modo che, se rileva la mancanza della legittimità dell’atto, per essere esso viziato sotto uno degli indicati profili, deve concludere che l’inosservanza del provvedimento non può integrare il reato in questione, non essendo, il provvedimento stesso, legalmente dato.
Con specifico riferimento, quindi, ai requisiti necessari all’integrazione della fattispecie incriminatrice di cui si tratta devono riscontrarsi: l’avvenuta inosservanza dell’ordine specifico emesso da un soggetto competente ad impartirlo, in relazione ad eventi o circostanze tali da far ritenere necessario che il destinatario dovesse compiere la condotta impostagli per una serie determinata di ragioni alternative (sicurezza, ordine pubblico, igiene, giustizia); la constatazione che la mancata osservanza dell’ordine sia riferita a provvedimento adottato in relazione a situazioni non prefigurate da altra specifica previsione normativa, con previsione di autonoma sanzione, attesa la natura sussidiaria del reato di cui all’art. 650 c.p.; il rilievo che il provvedimento sia stato adottato nell’interesse generale, non di soggetti privati.
Determinante è poi evidenziare che i motivi che hanno determinato l’emissione del provvedimento devono essere estrinsecati nell’atto stesso, senza l’ausilio di elementi extratestuali, il cui accertamento e la cui verificabilità restino affidati alle attestazioni verbali dell’Autorità, poichè sono i requisiti oggettivi, formali e sostanziali, dell’atto amministrativo che rilevano per la sua validità ed efficacia (cfr. sull’argomento Sez. 1, n. 11448 del 07/02/2012, Albera, Rv. 252916; Sez. 1, n. 555 del 16/11/2010, dep. 2011, Filogamo, Rv. 249430).
In effetti, l’interesse alla tutela dell’ordine pubblico – inteso come conveniente assetto e regolare andamento della convivenza civile – perseguito dall’ordinamento con la previsione dell’art. 650 c.p., finalizzato a proteggere l’interesse generale contro l’inosservanza individuale dei provvedimenti emessi dalla pubblica Autorità, deve essere bilanciato con quello (anch’esso di natura pubblica, in quanto attiene alla libertà del singolo, costituzionalmente garantita) di cui è portatore il destinatario del provvedimento, di conoscerne con chiarezza i motivi per essere in grado di esercitare il suo diritto di sindacarne la legalità.
4. Nel caso in esame, la motivazione generica esternata nella disposizione di convocazione (null’altro che il mero riferimento ad attività di polizia giudiziaria essendo risultato comunicato al destinatario, senza l’emersione di una qualsivoglia indicazione specificativa) non era tale da soddisfare il riscontro dei sopra richiamati requisiti minimi per la verifica della legittimità dell’ordine poi non ottemperato: l’atto attraverso cui è stato veicolato l’ordine si profila dunque illegittimo, non soddisfacendo esso, per quanto è evincibile dall’analisi della decisione di merito, l’esigenza di un’informazione, pur sommaria, nei riguardi del destinatario in ordine alle ragioni della convocazione.
Nessun chiarimento esplicito, pur se tardivamente estrinseco, la sentenza impugnata ha, del resto, fatto emergere come avvenuto al momento della notificazione dell’ordine in questione.
D’altro canto, pure se si fossero volute valorizzare le indicazioni fornite dalla persona che si era occupata dell’attività di comunicazione dell’ordine (il testimone I., le cui dichiarazioni sono state accluse al ricorso per l’autosufficienza dell’impugnazione), non avrebbe potuto non rilevarsi l’inadeguatezza del riferimento all’esigenza che I”Autorità di polizia aveva di notificare al M. l’invito a nominare il difensore nel procedimento che lo vedeva indagato.
Sul tema si è chiarito, ed il principio va ribadito, che la facoltà dell’Autorità di polizia di impartire, per motivi di giustizia, ordini la cui inosservanza è sanzionata penalmente dall’art. 650 c.p. trova uno dei suoi limiti nei diritti dei cittadini, che non possono essere conculcati anche quando l’imposizione sia motivata dalla sola finalità di rendere più agevole per gli organi di polizia l’adempimento dei loro compiti istituzionali: sicchè non può ritenersi integrare il reato di cui all’art. 650 c.p. l’inottemperanza a una convocazione di polizia avente come unico fine la notifica di un invito a comparire e a nominare un difensore, ben potendo tali atti preliminari all’interrogatorio essere compiuti con consegna personale all’interessato o a persona con lui convivente, senza l’imposizione al destinatario dell’obbligo di corrispondere alla relativa convocazione, comportante la necessità di recarsi negli uffici di polizia (cfr. sull’argomento già Sez. 1, n. 8859 del 13/06/2000, Minniello, Rv. 216903; nello stesso senso, Sez. 1, n. 41445 del 18/07/2013, Donato, Rv. 257531, ha puntualizzato che non integra la contravvenzione di cui all’art. 650 c.p. l’inottemperanza all’invito a presentarsi presso gli uffici di polizia per la notificazione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari).
5. Pertanto, l’emersa carenza di adeguata motivazione dell’ordine doveva ed, in ogni caso, deve condurre alla conclusione che non sussisteva provvedimento “legalmente dato” dall’Autorità di polizia che il M. dovesse ottemperare: il chè, in accoglimento del primo motivo ed assorbite le altre doglianze, determina, ex art. 129 c.p., la conseguente necessità di annullare senza rinvio la sentenza impugnata per insussistenza del fatto (senza alcuna possibilità, fra l’altro, per l’evidenza della conclusione illustrata, di trascorrere alla verifica dell’eventuale estinzione del reato contravvenzionale in relazione al tempo trascorso dalla data della contestata sua consumazione).
La minore età dell’imputato al momento del fatto a lui contestato determina l’applicazione del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in ordine al trattamento dei dati personali relativi alla diffusione del presente provvedimento.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perchè il fatto non sussiste.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.
Così deciso in Roma, il 19 aprile 2017.
Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2017
L’Avv. Marco Trasacco è iscritto al Foro di Napoli Nord ed il suo studio ha sede in Aversa (Caserta) in prossimità del Tribunale di Napoli Nord. Opera, prevalentemente, ma non solo, presso i Tribunali di Santa Maria Capua Vetere, Napoli, Napoli Nord (Aversa), Nola nonchè il Tribunale per i Minorenni di Napoli ed altro.
E’ iscritto nelle liste degli Avvocati abilitati alle difese per il patrocinio a spese dello Stato (Gratuito Patrocinio) presso i predetti Tribunali nonché abilitato al patrocinio avanti le Corti Superiori (Cassazionista).
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Salve, sono Elisa O.
Ho ricevuto tramite carabinieri, un foglio con una comunicazione con scritto “URGENTI comunicazioni che la riguardano”.
C’è da preoccuparsi? Di norma cosa può riguardare?
Perché con quella dicitura nella lettera, non è molto chiaro.
Buonasera, Elisa
Come spesso accade l’agente che le fa la notifica si limita unicamente a consegnarle l’atto (invito a recarsi in Caserma\Stazione).
In ogni caso, Lei dovrà presentarsi dai Carabinieri in quanto diversamente potrebbe incorrere in un reato.
Ovviamente non posso sapere di cosa si tratta nello specifico.
Spesso si tratta di notifiche inerenti a procedimenti penali che interessano il destinatario della notifica, in altri casi è possibile che il destinatario debba essere escusso quale persona informata sui fatti in ordine ad eventuali indagini che i Carabinieri stanno svolgendo a carico di terzi.
Ci sono anche tante altre ipotesi.
Solo raramente si tratta di notifiche di atti amministrativi (accertamenti agenzia entrate, multe, ecc.) che generalmente vengono notificati tramite il servizio postale.
In conclusione, seppur le ipotesi sono varie, Le consiglio comunque di recarsi quanto prima presso i CC per verificare di cosa si tratta anche perché l’inottemperanza a tale invito integra una fattispecie penale e, tra l’altro, nella peggiore delle ipotesi, il non andarci la priverebbe della conoscenza di un atto che invece Lei ha interesse ad avere (per es., laddove si trattasse di un procedimento penale a suo carico, Lei avrebbe tutto l’interesse di avere l’atto in questione per, poi, conferire mandato ad un legale per essere seguita).
Cordiali Saluti